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IL PALAZZO PRETORIO DELL'ANTICA COMUNITA' DI SCALVE
SIMBOLO DI STORIA ARTE E GIUSTIZIA
di Miriam Romelli e Foto Giorgio

Visione completa del salone delle udienze

Il ritratto del  Palazzo  Pretorio in Vilminore non può essere tracciato  che sulla tela della storia scalvina, la cui trama fu tessuta per almeno un millennio da una singolare organizzazione economica e sociale tanto  autonoma da far attribuire alla Valle di Scalve l'appellativo di "Repubblica".
L'antica "Vallis Decia" (Valle del Dezzo, dal nome del principale fiume  che vi scorre) celebre per il ferro sceltissimo scavato dalle sue miniere fin dal tempo dei  Romani, pur subendo l'inevitabile influenza dei  principali fatti storici che riguardarono l'Italia settentrionale -come le invasioni barbariche avvenute al termine dell'Impero Romano, l'avvento di Carlo Magno, l'annessione alla Repubblica Veneta, il dominio napoleonico ed infine l'Unità d'Italia- mantenne dagli albori dell'attuale  millennio sino al termine del secolo XVIII° una peculiare struttura  economica e sociale basata sull'aggregazione delle principali famiglie del luogo, le Vicinie.
Ciascuna Vicinia possedeva quelli che sono grosso modo oggi i territori dei quattro Comuni della Valle di Scalve - Azzone, Colere, Schilpario e Vilminore, - avendo acquistato nel 1231 il feudo di Scalve dalla famiglia  Capitani che lo aveva a sua volta ricevuto dal Vescovo di Bergamo.
Pur essendosi dotati di particolareggiati Statuti che regolavano i rapporti  tra i membri di ciascuna Vicinia e le Vicinie componenti la Comunità Grande di Scalve, gli scalvini aderirono alla consuetudine di nominare  un rappresentante della giustizia  chiamato "da fuori" e scelto generalmente tra i membri delle più influenti famiglie bergamasche.


Il Podestà  si fermava in Valle un solo anno ed emetteva sentenze sia in campo civile che penale; non sappiamo dove fosse la sede della sua  residenza sino al termine del secolo XIV°, ma  essendo stato nominato Vilminore "Borgo Franco" nell'anno 1195 si può ritenere che abitasse all'interno del Borgo stesso, i cui confini furono fissati dalla " Valle di Croce " -ad ovest  di  Vilminore -  fino  al torrente Tino, che separa ad est Vilminore da Vilmaggiore.
Il primo Podestà di cui si ha notizia è Raimondo dè Capitani: nel dicembre del 1202 presenziò alla riunione che sancì la divisione del  patrimonio tra la Valle di Scalve e Bondione; quest'ultimo si costituì Comune a sé ed ebbe da allora l'appellativo  di "Comune dei Dieci Dinari" da un denaro ogni dieci che doveva contribuire per le spese future della Valle.
Vilminore aveva già una piazza che veniva usata in caso di riunioni ed assemblee consiliari, detta Piazza del Malconsiglio: "MAEL" era il termine con il quale i Longobardi indicavano il luogo destinato alle adunanze. Il 9 gennaio dell'anno 1375 i rappresentanti di tutte le famiglie della Valle di Scalve -ossia ogni  " abile a dar voto " a capo di un  nucleo familiare detto Fuoco - si riunirono nell'antica ed ora distrutta Pieve di Scalve e deliberarono la costruzione di una casa prospiciente tale piazza da adibire a nuova residenza del Podestà.
Il  primo nucleo del Palazzo Pretorio sorse in pochi anni ed era una sorta di torrione ubicato all'estrema sinistra dell'attuale costruzione: al  pianterreno vi era la prigione - ora Ufficio Turistico- mentre ai piani superiori vennero realizzate le stanze del Podestà,  fabbricate "tutte a volta" come avevano espressamente voluto i delegati.


Il Podestà continuava ad amministrare la giustizia all'aperto, sotto il cavalcavia che ancora copre l'antica strada che da Vilminore conduceva alla Pieve e quindi a Vilmaggiore, Barzesto, Ronco e Schilpario. In occasione di pestilenze i delegati si riunivano nei prati dietro il Palazzo tenendosi a debita distanza per scongiurare il pericolo di contagio.
Nell'anno 1428 la Valle di Scalve si mise spontaneamente sotto la protezione della Repubblica Veneta e la Serenissima rispettò e continuò  la tradizione di inviare a Vilminore un Podestà "super partes" che sui Vangeli giurava di condurre vita cristiana, fedeltà  a Venezia e di attenersi agli Statuti ed alle consuetudini della Valle.
Il  primo ampliamento del Palazzo  Pretorio  risale  all' anno 1563: la Comunità di Scalve acquistò dalla famiglia Capitanio una casa a destra del voltone e venne immediatamente decisa la costruzione delle nuove  prigioni -ottimamente conservate- che sono un eloquente esempio della severità con la quale veniva amministrata  la giustizia. Le carceri sono interamente foderate con  spesse travi in larice, fermate da spranghe in ferro ed enormi chiodi. La  luce  filtra da una finestrella  chiusa da doppie inferriate che hanno intrecci orizzontali e verticali tali da togliere al prigioniero qualsiasi velleità di fuga.
L'inferriata esterna presenta a sinistra una piccola apertura ed un incavo  nello stipite in pietra grazie al quale il carceriere poteva introdurre la ciotola con il cibo; il prigioniero ritirava il  pasto da un'analoga   apertura posta a destra dell'inferriata interna  e grazie a questo marchingegno veniva esclusa la possibilità che  tra i due vi potesse essere anche il minimo contatto.


Sulla facciata principale del Palazzo si possono tutt'ora osservare altri  due severi simboli della giustizia veneta: il primo è l'anello al quale venivano fissate le catene della berlina, dove il prigioniero incatenato poteva  essere schernito da ogni passante, mentre una tetra epigrafe è  scolpita sulla lapide in pietra  infissa  sopra una mensola SISTE VIATOR - LEGE ET DISCE - FUNEST  (orum)  SUB  LAPIDE  -  BANNITO- RUM CAPITA REPONUNTUR "Fermati viandante, leggi ed impara, sotto questa lapide vengono deposte le teste dei banditi" (Giorgio Valgimigli, figlio di Manara, riferisce una curiosità: veniva a villeggiare a Vilminore Antonio Cazzaniga (Cremona 1885-Milano 1973) Direttore dell'Istituto di Medicia Legale dell'Università di Milano, grande amico di Manara Valgimigli (iniziarono insieme la carriera universitaria a Messina nell'anno accademico 1922/23) e di Giorgio Valgimigli. Davanti al cartiglio perplessità dei due studiosi: per Manara Valgimigli, che seguiva l'istinto del suo caldo sangue romagnolo, nessun dubbio: su quella funesta pietra venivano poste le  teste mozzate dai condannati; per Antonio Cazzaniga, esperto di diritto, su quella funesta pietra venivano posti i bandi con i capi di accusa).
La vecchia prigione fu in seguito adibita a deposito del Monte di Pietà istituito nell'anno 1602  dal celebre medico  Gregorio Morelli, che visse a Vilminore dopo aver esercitato la professione anche presso la Corte imperiale di Vienna.
Le finestrelle delle nuove prigioni  danno sull'atrio d'entrata al Palazzo  dal quale per una  scala in pietra si accede allo stupendo salone delle udienze ultimato al termine del XVI° secolo. Le pareti sono decorate da affreschi recentemente restaurati rappresentanti gli stemmi  di famiglia di alcuni dei numerosi Pretori che prestarono servizio in  Valle; i diversi strati di intonaco evidenziati dal restauro sono una tangibile testimonianza di questi  plenipotenziari che vollero imprimere il proprio ricordo  sui muri dell'antica e prestigiosa costruzione. Ad alcuni Pretori veniva concesso l'onore di affiggere il quadro con il proprio ritratto realizzato a spese della Comunità scalvina; le tele rimaste si sono salvate dalla massiccia  asportazione di opere  d'arte  perpetrata  sotto  i domìni francese ed austriaco, nonché  dalla forzata  restituzione dei quadri alle famiglie d'origine di alcuni Pretori, che dopo la caduta della veneta repubblica richiesero il ritratto del proprio avo distintosi in Valle.


Il commitente del  balconcino  in ferro che sporge sull'antica Piazza del Malconsiglio  (ora Piazza Giustizia) fu Nicolò Morelli, figlio  del già citato Gregorio, che donò alla Comunità L. 25 imperiali. Il sostegno appositamente infissovi ha ospitato nel corso dei secoli la Bandiera della Repubblica Veneta, l'Albero della Libertà  tinto con i colori della  Rivoluzione francese, il vessillo asburgico e la bandiera d'Italia.
L'imponente camino in pietra di Sarnico che troneggia sul fondo del salone presenta sull'architrave la  scritta  SYLLANO LICINO JURISCONS (ultus) PRAETORE - 1594 essendo dedicato  al  celebre  giurista bergamasco che  emanò la legge, tutt'ora in vigore, sulla  proprietà del ceduo boschivo, decretando tra  l'altro che il legname caduto sul terreno può essere raccolto da chiunque.
L'ultimo ampliamento del Palazzo Pretorio fu realizzato nel 1675  mediante l'accorpamento di una casa appartenente alla famiglia Ronchis e l'acquisto dell'antichissimo portico detto "del Malconsiglio".   Vennero  così costruiti gli  uffici  privati del  Podestà  in uno dei quali si possono ammirare alcuni riratti, tra cornici in stucco, degli ultimi Pretori della Valle.
Il restauro della facciata  principale del Palazzo Pretorio, voluto dagli amministratori della Comunità Montana di Scalve e realizzato  negli  anni 1996-97, ha  messo in luce l'esistenza di tre strati di intonaco il più recente dei quali risaliva ai primi anni del '900 e presentava elementi decorativi a secco in pessime condizioni.
Si è  deciso pertanto di rinunciare al recupero di quest'ultimo strato,  mantenendone una testimonianza sulla parte in alto a destra della facciata e ricostruendo l'identità visiva dell'edificio con il recupero degli intonaci decorati sottostanti.
E' visibile in alto un fregio decorativo con putti e motivi fitoformi che correva lungo tre quarti della facciata; sul lato sinistro l'intonaco d'epoca cinquecentesca presenta due archi con inserita nel primo una figura  di donna seduta con bambino e nell'altro una donna eretta nell'atto di indicare. Tra i due archi è visibile un lacerato di fregio con  putti molto ben conservati ed a destra del terrazzino in pietra è visibile un'altra figura femminile.
Nella  parte centrale  della  facciata  è stato riscoperto sotto la finitura cinquecentesca un apparato decorativo antecedente a tale periodo, che riproduce frammenti di trono con  panneggio parzialmente  distrutto  dall'inserimento di una lapide commemorativa  nel periodo  post-bellico. Il  dipinto ornava senza dubbio la casa che fu accorpata al Palazzo nel corso del primo ampliamento deciso nell'anno 1563.
L'ultima parte della facciata, sul lato destro, è  interessata dalla decorazione seicentesca eseguita a tempera, comprendente motivi floreali e due stemmi, uno con aquila e  corona e l'altro con leone leopardato  rampante in campo azzuro. Ai lati vi sono a destra  una donna  con bilancia in mano ed a sinistra una figura di uomo anch'esso  con bilancia nella destra e nella mano sinistra una spada protesa.
Il restauro ha altresì  riportato alla  luce  lo stemma della casa imperiale  austriaca, sull'estrema  parte sinistra del  Palazzo posta ad ovest del cavalcavia che fu il nucleo originario della costruzione; fu probabilmente dipinto nella prima metà del secolo scorso, quando  il Palazzo divenne la  gendarmeria delle truppe asburgiche in Valle.
Il Palazzo  Pretorio in  Vilminore è attualmente sede della Comunità Montana di Scalve e continua pertanto ad essere il perno della  vita sociale  di questa Valle nonché  il simbolo della sua ricca quanto singolare storia.