L'Arboreto alpino Gleno è il punto di partenza ideale per una passeggiata ai resti della diga del Gleno, al chiosco Arboreto in Via Per Oltrepovo nei pressi di Bueggio, potete degustare prodotti locali e visitare il Museo dei legni della Valle di Scalve
Queste pagine sono il
riassunto del Cd-Rom realizzato dalla Biblioteca Comunale di Vilminore in
occasione dell'80° Anniversario del disastro del Gleno (acquista on-line
http://www.scalve.it/vetrina.htm)
La videocassetta e il DVD con le testimonianze dei testimoni
realizzati dalla Comunità Montana di Scalve si possono acquistare
on-line all'indirizzo
http://www.scalve.it/vetrina.htm
Un Cd in grado di raccogliere e
tramandare dolore, cronaca, sentimenti e testimonianze dell'immane tragedia
causata dal crollo della diga del Gleno che, il 1 dicembre del 1923, sconvolse e
colpì con indicibile violenza la Valle di Scalve.
Quasi ottant'anni ci separano dal giorno del disastro, ma ancora viva è la
memoria di quei terribili giorni che ferirono così profondamente l'intera
comunità scalvina tanto da essere ancora rammentati con l'appellativo di
Disastro del Gleno.
Ricordi legati soprattutto alle testimonianze dirette, raccolte nel corso degli
anni, che si sono così profondamente impresse nella memoria collettiva da
suscitare ancora sgomento.
Ancora oggi chi si trova ad osservare ciò che resta della Diga, o il percorso
che l'onda di morte compì lungo la Valle, si sente pervadere dall'angosciosa
sensazione che qualcosa di terrificante è davvero successo ...
L'imponente struttura di sbarramento delle acque venne realizzata nel periodo
intercorso fra il 1916 e il 1923 e con i suoi 260 metri di lunghezza la diga
doveva servire a contenere i sei milioni di metri cubi d'acqua raccolti nel lago
artificiale, che si estendeva alle sue spalle per ben 400.000 metri quadrati,
alimentato dai torrenti Povo, Nembo ed affluenti minori.
Una diga ad archi multipli, realizzata a 1500 metri d'altitudine dalla ditta
Viganò su progetto dell'ing. Santangelo, la cui enorme massa d'acqua contenuta
avrebbe dovuto generare energia elettrica, con indubbio beneficio per l'economia
scalvina, nelle centrali di Bueggio e di Valbona.
Erano le 7 e 15 di sabato 1 dicembre 1923 quando il pilone centrale della
costruzione cedette e le acque sbarrate dalla diga si riversarono, in meno di 15
minuti, sulla vallata sottostante fuoriuscendo da una bocca larga una sessantina
di metri.
Il primo borgo ad essere colpito fu Bueggio e qui la massa d'acqua spazzò via
chiesa e campanile, distrusse il cimitero del paese e due abitazioni.
L'enorme massa d'acqua, preceduta da un terrificante spostamento d'aria,
distrusse poi le centrali di Povo e Valbona, il Ponte Formello e il santuario
della Madonnina di Colere.
Raggiunse l'abitato di Dezzo composto, come ai nostri giorni, dagli agglomerati
posti alla sinistra dell'omonimo torrente, in territorio di Azzone e da quello
sulla sponda destra, in territorio di Colere che andò praticamente distrutto.
500 anime circa formavano la comunità di Dezzo e di esse ben 209 perirono.
Anche la strada provinciale venne distrutta, isolando in tal modo l'intera
Valle, il flusso d'acqua invase la centrale elettrica di Dezzo, provocando un
corto circuito che privò i valligiani anche dell'energia elettrica e causò lo
scoppio dei forni della fabbrica di ghisa posta al termine del medesimo paese.
Prima di raggiungere l'abitato di Angolo l'enorme massa d'acqua formò una sorta
di lago e a tutt'oggi sono visibili i segni lasciati dal passaggio dell'acqua
nella gola della via Mala.
L'abitato di Angolo rimase praticamente intatto mentre a Mazzunno vennero
spazzate via la centrale della Società Elettrica Bresciana e il cimitero.
La fiumana discese poi velocemente, dopo aver formato nei pressi di Angolo una
sorta di diga artificiale, verso l'abitato di Gorzone e, seguendo il corso del
torrente Dezzo, proseguì verso Boario e Corna di Darfo mietendo numerose vittime
al suo passaggio.
Quarantacinque minuti dopo il crollo della Diga la fiumana d'acqua raggiunse il
Lago d'Iseo e, a testimonianza dell'immane potenza distruttrice che la
caratterizzò, nei pressi di Lovere vennero raccolte 48 salme, alcune
inaspettatamente intatte.
Foto di Agostino Albrici