(...) 2
dicembre 1923
Spaventoso disastro nell'alto Bergamasco per la rottura di un bacino artificiale
Milioni di metri cubi d'acqua precipitati a valle - Centinaia di vittime
Il
disastro che ha sparso di rovine e di lutti una plaga di confine delle province
di Bergamo e di Brescia, suscita un brivido di raccapriccio e una pietà
infinita. Dove l'uomo aveva creato uno di quei monumenti di energia in cui si
mostra e da cui dipende l'attività del nostro tempo, una di quelle sorgenti di
forza che servono a fare più intensa la vita, ivi, spezzatosi il freno di questa
potenza, la morte si è precipitata in furia a compiere una delle sue selvagge
invasioni, subitanee e irresistibili.
Improvvisamente, nel silenzio della valle, sulla quiete dei villaggi, tra il
ritmo ordinato delle opere, la morte è passata con una immensa cavalcata
d'orrore. Fra le montagne, la catastrofe ha avuto il carattere d'un naufragio.
Il cielo grigio sopra le cime dei monti è scomparso, è diventato il flutto
distruggitore sopra il capo delle vittime.
Ora la cronaca descriverà gli episodi paurosi, le scene strazianti; dirà lo
spettacolo delle rovine, gli approdi lacrimevoli dei morti verso le rocce e il
fango e la disperazione dei superstiti. Ma la nostra umanità sente già
pienamente il lutto. Già il compianto prorompe, doloroso; già l'immaginazione
vive anche gli strazi che ci sono ancora ignoti.
E il nostro pensiero, il pensiero di tutti, si volge ai luoghi e agli uomini
della catastrofe, a quelle gagliarde e tenaci operose famiglie bergamasche e
bresciane, esemplari magnifici delle stirpe italiane, che sono così duramente
provate, con una commozione più forte d'ogni parola, con un senso di fraternità
profondamente angosciata.
La valle che fu teatro del terribile sinistro e sopportò lo scroscio tremendo
della spaventosa alluvione è la più orientale delle tre valli principali che
solcano le Prealpi Orobiche, cioè la valle Seriana, la valle Brembana e la Valle
di Scalve. Mentre le due prime sono oggi largamente conosciute anche per le
stazioni termali e gli stabilimenti industriali che le hanno popolate, la terza,
oggi percossa da tanta sventura, è rimasta quale era nota a pochi ammiratori,
gelosi quasi delle sue severe e commoventi bellezze per le quali, non a torto,
fu detta la "Via Mala Lombarda". È percorsa dal fiume Dezzo e lo conduce fino al
momento in cui esso si getta nell'Oglio. La Valle di Scalve può dirsi, per chi
la risale, preceduta da un'altra piccola e ridente conca di verde, la valletta
d'Angolo, dopo la quale si stringe in un angusto burrone, che è uno dei più
suggestivi delle Alpi. Risalendo il Dezzo la valle offre una serie di gole e di
abissi così stretti e profondi da sorpassare quelli celebri dello Spluga, dal
che si comprende come abbia preso il nome dalla famosa forra della Svizzera. Le
strette della valle del Dezzo si susseguono per 13 chilometri e sono, una più
dell'altra di una imponenza irresistibile.
La strada scavata nella viva roccia si svolge deserta, velata da una frescura
deliziosa che sale dal fondo ove si frange il torrente. Alla strada sovrastano
d'ambo i lati le muraglie ciclopiche delle due catene che la serrano e fra le
cui sommità splende, simile a un nastro ritagliato, l'azzurro del cielo. Giù nel
profondo, il fiume precipita a valle con salti pazzi e ampi vortici e impeti
furiosi, sostando qua e là in specchi tranquilli per riprendere la sua
formidabile corsa. Questa valle pittoresca, entro la quale rimbomba
continuamente l'urlo fiero dell'acqua in un dantesco trionfo di orridi alpestri,
si spalanca poi in vicinanza dell'abitato di Dezzo e si fa bella, ampia, verde
di prati e di pinete, smaltata di villaggi e di casolari. È per questo corridoio
gigantesco che la furia delle acque è passata: proveniente dalla valle del Gleno,
dopo averla devastata essa ha abbattuto Dezzo, e tutti i paesi siti alla
confluenza del Povo col Dezzo,
s’è inabissata per la Via Mala, sfociando paurosamente alla confluenza
del Dezzo coll'Oglio. Quivi la plaga in cui siedono Darfo, Corna e altri paesi
ha subito l'ultimo ma terribile schianto, tramutatosi in uno spaventoso
allagamento.
Dove prima erano ubertose campagne e ridenti abitati non appare adesso che il
letto d'un più vasto torrente. Occorreranno lunghi e ripetuti sopralluoghi prima
di definire esattamente le proporzioni di questo colossale disastro e
soprattutto il numero degli scomparsi. Sarà necessario scavare come dopo una
eruzione vulcanica, per disseppellire dalle case rovinate e dalle strade
annullate i cadaveri.
Finora sono state rintracciate una centinaia di salme: si incontrano agli orli
dell'improvvisato fiume scavatosi tra l'alto laghetto e il fondovalle. Altre
vittime sono state rintracciate lungo il fiume Oglio, dove la colonna d'acqua
sfuggita al laghetto alpino ha esaurito, balzando di rupe in rupe, la propria
violenza.
Il tragico fulmineo cammino della rovinosa colonna si è iniziato a 2830 metri,
sotto il ghiacciaio di Gleno, 1800 metri più sotto, ecco le prime vittime
parziali: i paesi di Vilminore e Bueggio. Vittima totale invece: Dezzo, che
accoglieva stamane 600 abitanti: altri 600 sono emigrati. Della popolazione
esistente questa mattina, un centinaio di valligiani era sparso per i pendii
circostanti.
Il superstiti devono la loro salvezza al fatto che erano fuori dal corso seguito
dalla colonna d'acqua. Fuggendo per ogni parte verso l'alto, si sono sottratti
alla distruzione ed ora sono dei narratori quanto mai laconici e scoloriti.
Rispondono alle interrogazioni con monosillabi: sono ancora sotto l'incubo della
rovina terrificante alla quale hanno assistito questa mattina. Essi hanno visto
sparire in pochi minuti il loro paese nativo, le loro case, entro cui avevano
lasciato poche ore prima i loro congiunti.
La
scena tremenda è stata venduta in tutta la sua sbalorditiva interezza dal
parroco di Azzone, il paese che è costruito sopra una doccia alta 200 metri e
che domina Dezzo. Il sacerdote era nella propria casa, che si affaccia sulla
roccia tagliata a picco, quando ha avvertito, fra il picchiettare della pioggia
contro i vetri, uno sordo rumore che in pochi istanti sì è dilatato a dismisura.
Ha avuto l'impressione come della fine del mondo.
Egli è corso alla finestra e ha visto di fronte a sé la gola montana trasformata
in una cascata ciclopica. L'onda formidabile, dopo essersi abbattuta su Dezzo, è
andata ad urtare contro il blocco della roccia di Azzone, e il cozzo è stato
così tremendo che lo stesso paese, benché issato sul picco, è stato per un
istante ricoperto di acqua.
Però Azzone, grazie alla propria situazione, sia salvato. L'acqua dal vano
assalto ha poi rimbalzato e proseguito il terribile cammino, incontrando più
sotto tre centrali di cui ha travolto i serbatoi, le turbine, le macchine e gli
impianti che sono spariti. La casa dove si trovava il dottor Piccoli con la
moglie e quattro figli è pure stata rasa al suolo.
Il cammino percorso dalla colonna d'acqua è stato subito rifatto a ritroso dalle
squadre di soccorso, le quali hanno segnalato la estrema urgenza di baracche,
medicinali e viveri, non solo per gli scampati dal disastro, ma anche per
aiutare certi paesetti, isolati fra il nuovo letto scavato dalla colonna d'acqua
e le alture che confinano con delle rocce e le nevi. Le autorità si sono
inbattute in carrettieri, in diligenza, in corriere, le quali stamane si sono
salvate per miracolo, fermandosi su certe strade a pochi metri dal letto invaso
dal volume delle acque sfuggite al lago.
Le automobili che sono salite oggi e stasera verso le plaghe distrutte hanno
incontrato gruppi di superstiti che supplicavano di essere presi a bordo per
avvicinarsi ai luoghi nativi e per cercare i loro congiunti.
Stasera gli alpini e la Milizia nazionale scavano al lume delle torce a vento
tra le macerie e i tronchi d'albero lasciati dalla terribile fiumana sui luoghi
dove sino a stamane esisteva l'abitato. Di tratto in tratto sono estratti dalla
melma corpi di vittime umane e animali morti. Dieci cadaveri sono stati scoperti
a Bueggio.
Telegrafi e telefoni sono stati spiantati e la strada è sparita addirittura. Il
ponte tra Terzano e Angolo è pure sparito. La centrale elettrica di Mazzunno è
stata allagata. Ad Angolo, in frazione Ponte vi sono molte case distrutte e
parecchi morti.
A Darfo, poco sotto lo sbocco della Val d'Angolo nella Val Camonica, vi sono
venti case distrutte e 200 persone mancanti; il Cotonificio Turati è rimasto
miracolosamente intatto perché è protetto da uno sperone di rocce; poco più a
valle di Darfo sono avvenuti allagamenti di campagne e di paesi.
A Darfo la valanga delle acque ha portato come conseguenza molte frane, che
hanno aggiunto rovine a rovine. La casa dell'orefice Gheda è stata completamente
rovinata; sì è salvato solo il capo famiglia, mentre la moglie e i bambini sono
stati travolti. La signora Ines Chiarolini, dopo due ore di trepidazione, è
stata salvata. Il marito invece è stato travolto dalle acque e a stento ha
potuto salvarsi a nuoto.
Nel tratto da Corna di Darfo a Bessimo le acque che hanno invaso le campagne
rigettano cadaveri. È stato trovato tra gli altri il cadavere di una giovane
donna denudata, come un bambino aggrappato al seno.
I primi a giungere sul luogo del disastro sono stati reparti di truppa della Val
Camonica, Edolo e Breno, che sono accorsi di propria iniziativa. Poi da Brescia
sono arrivati il prefetto, il commissario prefettizio, il comandante della
divisione e il console Turati. Il comando della Divisione ha organizzato un
treno di soccorsi con truppa e provvigioni che è partito da Brescia alle 16.
Sono partiti anche 200 uomini della Milizia fascista. Contemporaneamente alle
autorità di Brescia si portavano sul luogo quelle di Bergamo, tra cui il
prefetto commendator Cantore, e funzionari degli uffici del Genio Civile, della
Provincia, ecc.
Sul posto sono i pompieri di Bergamo, Lovere e Brescia.
La
grandiosa diga che formava il colossale serbatoio progettato dall'ingegner
D'Angelo di Milano per conto della ditta Galeazzo Viganò, di Ponte d'Albiate
costruttrice dell'importante centrale idroelettrica del Gleno, inauguratasi
l'anno scorso, era alta 37 metri ed era del tipo ad archi multipli. Era
costruita sopra un’enorme piattaforma, compiuta da oltre due anni. Si trattava
di una base larga 45 metri, di muratura piena, fatta di massi granitici. Nel
centro esisteva un vano, una specie di immensa porta per gli scarichi di fondo.
Invece la parte superiore, ad archi, era un’imponente costruzione, che si
allargava per oltre 400 metri a ventaglio.
Il serbatoio aveva servito l'anno scorso, mentre la parte terminale della diga,
completata la scorsa estate, era in tratta in funzione da qualche mese. L'acqua
raccolta in tal modo era convogliata attraverso una breve galleria e uscendo da
questo impianto veniva raccolta in un ampio serbatoio che serviva da bacino di
scarico per la ditta di Val Breno; quindi le acque ritornavano nell'alveo del
Dezzo e scendendo per la valle venivano utilizzate dai tre impianti del
Consorzio idroelettrico del Dezzo, di proprietà delle ditte Cotonificio di Val
Seriana, Zoppi di Banica fratelli Pesenti di Alzano Maggiore. Le acque venivano
poi sfruttate dalla centrale di Mazzunno e finalmente venivano convogliate con
un canale quasi tutto in galleria, per gli impianti delle Ferriere di Voltri a
Darfo, il cui canale di scarico passa sotto la frazione Corna per andare ad
alimentare l'ultimo impianto del Cotonificio, vicino alla stazione di Corna.
L'immensità del disastro si palesa subito dopo Lovere, nei pressi del ponte
sull'Oglio, denominato del Barcotto, ove le acque sono giunte inondando la
campagna circostante e rovinando la strada nazionale della Val Camonica.
Al Lovere, ove ci siamo fermati brevemente, la popolazione allarmata ci da
terrorizzanti informazioni. Da questo paese sono già partiti alcuni medici coi
primi soccorsi del caso, uomini della Milizia nazionale, fascisti, carabinieri e
privati volenterosi.
Sotto la pioggia che cade ininterrottamente, proseguiamo verso Darfo e Corna.
Sulle acque dell'Oglio galleggiano pezzi di mobilio, masserizie, cadaveri di
animali domestici. L'orrore cresce a mano a mano che l'automobile si appressa ai
luoghi che sono stati investiti per ultimi dalle acque che sono precipitate
lungo il torrente Dezzo, e con questo si sono riversate nell'Oglio allo sbocco
della Via Mala in Val Camonica.
Strada facendo abbiamo potuto interrogare il dottor Chiesa, di Lovere, che si
trovava stamane verso le 7.30 nei pressi dell'ospedale di Darfo, quando udì
improvvisamente uno cupo boato. Alzò gli occhi verso la valle del Dezzo e vide
un'immensa ondata che precipitava a valle, invadendo tutta la spianata di Corna
e abbattendosi sulla sponda dell'Oglio. Ivi sorgevano una quindicina di case,
che sono andate completamente travolte; un centinaio di abitanti delle medesime
è scomparso senza che un solo si potesse salvare. Questa scena terrificante ha
avuto la durata di un baleno. Il medico ha proseguito dicendo che a Corna, dove
il Dezzo sbocca nell'Oglio, l'enorme cavallone d'acqua ha scavalcato le alture,
precipitando nel piano già ricco di case e di officine. Le prime case travolte e
rase al suolo sarebbero state quelle della centrale, dove abitavano le famiglie
Spreafico e Martinelli. L'ondata avrebbe poi investito la centrale e le
ferriere, le quali hanno resistito all'urto enorme, rimanendo però completamente
allagate. La corrente poi avrebbe deviato verso lo stabilimento carburanti, che
è stato ridotto a un cumulo di rovine.
Sono state investite anche le case degli impiegati delle ferriere di Voltri, il
ponte di Corna, la trattoria popolare, la casa Garoni dove abitavano sei
famiglie, il cinematografo, il bar, la casa Reali dove abitava la levatrice
Giselli, la quale è stata poi trovata a due chilometri di distanza ancora viva,
mentre tutti gli altri della sua famiglia sono scomparsi.
La immane rovina
Insomma pressoché tutto il paese è rovinato. È rimasta solo in piedi, quasi per
un miracolo, la casa Vertova, che si è potuta salvare data la quantità di
macigni travolti dall'ondata, che le hanno servito come di argine, deviando così
la corrente. Anche l'agenzia della Banca mutuo popolare di Bergamo è rimasta
illesa, mentre la linea ferroviaria Brescia-Edolo è stata in gran parte
gravemente danneggiata. Le case che non sono state rase al suolo, sono
orrendamente devastate dall'inondazione.
Testimoni oculari, giunti nel pomeriggio a Bergamo, narrano alcuni episodi
sensazionali: per esempio a Dezzo esisteva un mulino che alcuni emigranti
avevano costruito impiegando un milione e mezzo guadagnato in lunghi anni di
stenti e sacrifici oltre Oceano. Il mulino e i proprietari sono stati travolti.
Una giovane, certo Bettineschi, che si era recato a caccia, pochi minuti dopo
aver lasciato la propria casa, da un terreno soprastante l'ha vista sparire
insieme ai componenti della famiglia. (...)