Il Secolo 06
dicembre 1923
Il disastro del Gleno al Consiglio dei Ministri
Il direttore dei lavori deferito all'autorità giudiziaria
Roma, 5 notte.
Stamane, alle ore 10, sotto la presidenza dell'onorevole Mussolini si è riunito
il consiglio dei ministri. Il Presidente, dopo aver inviato il commosso saluto
del Governo alle vittime della inondazione, e dopo aver elogiato l'azione
dell'esercito e della milizia nell'opera di soccorso e rilevato la magnifica
sensibilità colla quale la nazione si è apprestata a fornire i soccorsi per
lenire le conseguenze del disastro, dà la parola al ministro dei LL. PP.
onorevole Carnazza.
Questi riferisce con una esauriente relazione, dalla quale ecco i punti
principali.
Nel
1917 fu fatta richiesta della concessione di una derivazione d'acqua dal fiume
Dezzo, a scopo di produzione di forza motrice, da parte dell'industriale signor
Galeazzo Viganò. L'istruttoria e la conseguente definizione della concessione fu
ritardata per la mancata presentazione dei progetti esecutivi; ma i lavori
furono eseguiti nella massima parte negli anni 1921 e 22. L'opera di cui si era
chiesta la concessione consiste principalmente nella formazione, lungo il corso
del fiume Dezzo, di un serbatoio artificiale, destinato alla raccolta delle
acque, chiuso nella sua parte a valle da una diga di trattenuta, dell'altezza di
metri 56.
La diga fu costruita in parte col sistema a gravità, consistente nel dare alla
diga una dimensione tale che il suo peso superi la pressione dell'acqua che può
essere contenuta a monte dalla diga stessa; una seconda parte, invece, fu
costruita col sistema degli archi multipli, nel quale la resistenza la pressione
dell'acqua è data dal contrasto degli archi costituenti la diga.
Questa seconda parte della diga ha avuto uno scorrimento sul piano di fondazione
ed è interamente precipitata a valle, facendo mancare ogni resistenza al
precipitare di tutta la massa d'acqua contenuta nel bacino di trattenuta che
ascendeva a 5 o 6 milioni di metri cubi. Questa enorme massa d'acqua si è
precipitata nella valle sottostante, investendo quasi immediatamente la frazione
Dezzo, del comune di Azzone, ed asportandola completamente.
Proseguendo il suo cammino, la enorme massa d'acqua - che trasportava nella sua
corsa massi colossali staccati dalla montagna - si versò nella valle del Dezzo,
che è strettissima, raggiungendo l'altezza di 25 a 30 metri sul fondo della
valle e travolgendo interamente ed asportando quattro impianti idroelettrici
esistenti nella vallata, una parte dello stabilimento delle ferriere di Voltri,
una parte degli abitati di Corna e Darfo e rovesciandosi, poi, nella valle
dell'Oglio, dalla quale si gettò nel lago di Iseo.
Il
numero delle vittime travolti dalla furia dell'acqua ascende, salvo migliori
accertamenti, a circa 500.
Nella frazione Dezzo, costituita di 180 abitanti, ne rimangono salvi non più di
sette o otto. Nel paese di Azzone si contano circa 40 vittime tra Corna e Val
d'Angolo circa 170. Non si possono sino ad ora avere notizie precise del numero
di coloro che si trovavano lungo la strada che corre nel fondo della valle, e
che certamente, investiti dalla valanga, non poterono salvarsi; così pure non si
hanno elementi precisi per determinare il numero degli scomparsi nelle centrali
elettriche asportate ed in qualche casa sparsa o in qualche frazione del Comune
di Angolo.
Il numero dei feriti è relativamente piccolo, perché, salvo un vero miracolo,
gli investiti da quella enorme massa d'acqua furono uccisi.
I danni materiali consistono nella distruzione della diga e di tutti gli
impianti costruiti dal Viganò; nella distruzione completa delle quattro centrali
idroelettriche esistenti nella valle; nella parziale distruzione dello
stabilimento delle ferriere di Voltri, nella distruzione del ponte che univa le
due parti del comune di Darfo, nella distruzione del ponte che collegava i
comuni di Azzone e Vilminore colla frazione di Dezzo e colla strada che conduce
a Castione per il passo della Presolana, nella distruzione della Via Mala che è
quella che correva nel fondo valle e che univa Darfo con Angolo, Dezzo ed Azzone,
nel danneggiamento di un tratto del rilevato della ferrovia Iseo-Edolo; nella
completa asportazione di tutte le case che costituivano la frazione Dezzo, e
delle quali non è rimasta alcuna traccia; nella asportazione di 23 case nei
Comuni di Corna e Darfo, delle quali parimenti non esiste più alcuna traccia;
nel danneggiamento di alcune case nel Comune di Azzone; nella invasione e
distruzione di suppellettili e animali in molte case di Azzone e Darfo. I danni
materiali possono valutarsi, con molta approssimazione, in una cifra che va dai
130 ai 150 milioni.
I
primi provvedimenti che sono stati adottati consistono nella demolizione
ordinata ed eseguita, per misure di sicurezza, di alcune case gravemente
lesionate nel Comune di Azzone.
Gli abitanti di queste case sono stati provvisoriamente ricoverati nell'edificio
delle scuole elementari di quel Comune, edificio che non ha subito alcun danno.
È stata ordinata la costruzione in legno, di una passerella per ripristinare la
comunicazione coi comuni di Azzone e di Vilminore, che erano rimasti
completamente segregati, ed ai quali si sono dovuti mandare, con notevole
difficoltà, viveri di cui erano rimasti privi da due giorni, specialmente
farina, essendo andati distrutti due mulini animati dal fiume Dezzo e che
servivano ai bisogni di quei Comuni. È stato anche fatto invio di pane e di
scatolette di carne in conserva.
È stata ordinata la costruzione di un ponte di legno tra Darfo e Corna, per
riattivare le comunicazioni tra i due paesi e per riunire alle strade
provinciali, per Brescia e per Edolo, i Comuni della Valle.
Si provvede allo sgombero della melma dall'interno delle case e delle stalle,
che ne furono invase, nei Comuni di Azzone e di Darfo, ed allo sgombero delle
strade interne dei due abitati, nei quali la melma aveva raggiunto l'altezza di
oltre un metro.
I provvedimenti definitivi da adottare consistono: a) nella ricostruzione
stabile dei due ponti sopra ricordati; b) nella ricostruzione di tutta la parte
distrutta della Via Mala; c) nell'indennizzare, e mediante sussidio e mediante
la ricostruzione delle case, quelle famiglie, di cui ancora esiste qualche
membro e che hanno perduto la loro casa; d) nella distribuzione dei sussidi a
quelle famiglie che hanno perduto masserizie, animali, provviste, e le cui case
sono state lievemente danneggiate, (l'onorevole Bonardi sta già provvedendo
all'erogazione dei più urgenti); e) nella ricostruzione delle opere d'arginazione
alla confluenza del Dezzo con i l'Oglio; alla remissione della sede stradale e
dell'armamento del tronco asportato della ferrovia Iseo-Edolo.
Lo Stato dovrebbe anche occuparsi del collocamento di quattro o cinque bambini
salvati che hanno perduto i genitori, oltre ad ogni loro avere.
In
riguardo alle eventuali responsabilità, queste non possono essere definite se
non in seguito ad un accertamento di ordine tecnico, che è attualmente in corso;
ma sarà opportuno che l'autorità giudiziaria inizi anche la sua indagine.
Su questo argomento delle responsabilità, il Ministro fornisce al Consiglio gli
elementi già in suo possesso.
Riassumendo, l'onorevole Carnazza propone al consiglio:
1. - che sia stanziata in bilancio una somma congrua per la concessione dei
sussidi, di cui più sopra, e per la ricostruzione delle case dove questo è
necessario;
2. - che si eseguano, senza indugio, anche per dare immediata occupazione agli
addetti agli stabilimenti, che sono venuti a perderla, le opere di ricostruzione
dei ponti, delle strade e di sistemazione idraulica sopra accennata. Le relative
spese non possono determinarsi in questo momento, ma sono state già date
istruzioni per la redazione dei preventivi;
3. - che sia deferito all'autorità giudiziaria l'ingegnere direttore dei lavori;
4. - che si proceda ad una rigorosa indagine su tutte le dighe e serbatoi già
costruiti e in costruzione in Italia, affidando la detta indagine al signor
commendatore Corza, presidente di sezione del Consiglio superiore all'ingegner
Gaudenzio Fantoli e al professore Camillo Guidi.
Segue un'ampia discussione alla quale partecipano il Presidente e vari Ministri.
Il Consiglio accoglie le conclusioni della relazione Carnazza, e dà facoltà al
Presidente di erogare le somme per i primi soccorsi, secondo le richieste che
saranno inoltrate dai Prefetti delle province colpite.
Come fu costruita la diga del Gleno
Bergamo, 5
notte.
(P.M.B.) Il maltempo ha ripreso dopo tre giornate di tregua. Per la valle
desolata si è fatto il grigio, come nella giornata memorabile di sabato. Il
freddo è più intenso e invece della pioggia, che dopo lo sterminio del Dezzo
aveva infierito violentemente, ora cade la neve. Tutta la zona dopo la
cantoniera, sino al Gleno, è ormai ricoperta. Su qualcuna delle maestose cime
che guardano la Via Mala, è notata la tormenta.
Un altro pericolo, dopo la catastrofe, sovrasta ancora con una inesorabile
insistenza, la valle. Il torrente, la cui ondata distruggitrice ha aperto il
letto, sì è ingrossato e tumulta nel fondo dei burroni di questa valle dal monte
triste. Da stamane i veicoli che lasciano la Cantoniera per calarsi a Dezzo,
adoperano le catene per non slittare, e scendono a passo d'uomo.
Raggiungiamo oggi il Dezzo, più che per raccogliere gli interminabili episodi
del disastro, che a mano a mano si scoprono e si raccontano, per seguire e
vigilare la cronaca viva del lavoro dei soccorsi, dell'opera di ricostruzione e
per conoscere con precisione le notizie delle inchieste che si susseguono
palesemente o in segreto.
Ieri è salito dal Dezzo alla diga del Gleno, l'ispettore generale del Ministero
dei Lavori Pubblici, ingegnere Angelo Rampazzi, incaricato di un sopraluogo dal
Governo. Invano abbiamo tentato di conoscere il suo pensiero sulle cause del
disastro: né in un colloquio che ha avuto a Vilminore coi tecnici, né in nessuna
delle soste nella sua missione, egli si è pronunziato. Oggi egli ha avuto due
conversazioni a Bergamo: una col professore Ganassini, del Politecnico di Milano
a capo della Commissione d'inchiesta nominata dal Giudice Istruttore del nostro
Tribunale, e un'altra con l'ingegner Zanchi, capo dell'ufficio tecnico
provinciale.
Questi, da noi richiesto di notizie, ci ha pregato di non insistere. Ad ogni
modo il commendatore Rampazzi non ha fatto nessuna dichiarazione poiché le
conclusioni della sua inchiesta dovranno essere prima comunicate alle autorità
superiori.
Si ha ragione di ritenere però che già il Ministro Carnazza abbia avuto il
parere dell'ispettore generale, che oggi è ripartito per Roma, ed abbia basato
la richiesta di denunzia all'autorità giudiziaria dell'ingegnere direttore dei
lavori della diga, sulle risultanze di questo sopraluogo.
Altri tecnici, oltre ai noti specialisti milanesi, si sono recati al Dezzo.
Abbiamo incontrato l'onorevole Evaristo Stenni, accompagnato dall'avvocato
Giulio Cavalli. Il deputato bergamasco che è anche un ingegnere molto competente
in materia di impianti idroelettrici, ed ha impiantato fin dal 1895 le turbine
delle Ferriere Voltri a Corna, sì è spinto in compagnia di assistenti sino sulle
rovine della diga squarciata ed ha compiuto l'esame di alcuni piloni e ha
provato dei materiali.
Abbiamo potuto sapere dall'avvocato Cavalli, che l'onorevole Stenni ritiene che
la caduta della diga possa avere avuto origine da un sifonamento prodotto nelle
arcate. Dall'esame dei materiali gli è risultato l'impiego della calce e di
molta quantità di sabbia, in luogo di cemento. Non tutta la pietra impiegata che
si è potuta vedere sullo squarcio della diga, è adatta a questo genere di lavori
massicci.
L'impiego di molto materiale di fondo torrente è evidente. L'esito preciso dei
rilievi sarà riferito in questi giorni alla Camera nello svolgimento di una
interrogazione presentata dal deputato, già ripartito questa sera per Roma.
L'affermazione circa la presenza di un sifone nella parete della diga e della
conseguente rottura per causa delle piogge torrenziali della scorsa settimana,
non trovano però molto credito dopo le dichiarazioni del guardiano della diga,
che fu l'unico testimone nella mattina famosa, e vide l'apertura prodursi
sull'arcata superiore e contemporaneamente all'apertura sui piloni. Comunque
resta accertato ormai definitivamente il fatto della costruzione difettosa da
parte della ditta Viganò e compagni.
Molte persone si erano presentate a noi ripetendoci dei particolari tendenti a
confermare le accuse. Oggi che l'abbiamo potute controllare con esattezza,
presso persone competenti e a conoscenza dei fatti, le rendiamo pubbliche per
contribuire all'accertamento delle responsabilità del grave disastro.
Una
persona che conosce fin dal 1917 il costruttore della diga, ci ha dichiarato
quest'oggi che i sistemi Viganò s'erano informati ad un criterio assai
ristretto. Con le paghe minime erano impiegati degli operai, in maggioranza non
troppo capaci, e molto personale femminile che lavorava a battere la mazza nelle
gallerie. Nessuna direzione tecnica è stata mai affidata definitivamente a
qualche ingegnere, dopo che il primo progetto degli ingegneri Ghunr e Zaretti fu
ultimato. Specialmente per i criteri sui quali il defunto commendatore
Michelangelo Viganò, padre degli attuali proprietari, intendeva basarsi per i
lavori, quei progettisti non accettarono l'incarico dei lavori stessi.
Il progetto, giudicato dai competenti con molto favore, fu, durante
l'esecuzione, variato dai diversi direttori dei lavori succedutisi, ingegneri
Luigi Cortesi e Consigli e geometra Crosa e altri. Questi dannosi cambiamenti di
direzione tecnica, e il succedersi di varie imprese appaltatrici nel corso della
costruzione generarono diversi inconvenienti nella edificazione della diga.
Accadeva che mancando una unica direzione tecnica che presiedesse in permanenza
i lavori, si costruiva con dei principi opposti.
Allorché fu affidato al professor Santangelo di Palermo l'incarico di calcolare
la diga, il noto ingegnere venne al Gleno, dove i lavori erano stati già
iniziati, e constatato che si impiegava invece di cemento, della calce
fabbricata nella sottostante fornace del Dezzo, fece demolire il breve pezzo già
costruito e temendo che nel lavoro potesse essere comunque impiegato un
magazzino di calce situato presso il vicino torrente, fece deviare il corso del
Povo, distruggendo tutta quella calce.
Si afferma poi che l'impresa Cittadini, di Darfo, da non confondersi con quella
che attualmente alza lo sbarramento a Barbellino, dopo aver iniziato il lavoro a
Gleno, per divergenze di carattere tecnico con la ditta Viganò, non volle
continuare la costruzione. Lo stesso fatto è accaduto alla ditta Marinoni
Nazzareno.
Tutte queste risultanze sono ormai accertate e concordemente i tecnici
concludono che una responsabilità esiste. La responsabilità maggiore della ditta
Viganò è quella di non avere mai nominato un direttore dei lavori che forse
anche il responsabile della costruzione. Non essendovi poi alcun dubbio sulla
esattezza del calcolo della diga, si afferma che se il colossale sbarramento è
precipitato, unica causa è il difetto della costruzione, derivante dalla
mancanza di materiale adatto.
Le inchieste, specialmente quella che sta compiendo il professore Ganassini, che
ha scelto per suo aiutante il geometra Baronio-Baroni, si svolgeranno sull'esame
del materiale, sui contratti con l'impresa e sull'interrogatorio del personale,
che è quasi tutto dei paesi circonvicini.
A questo proposito ci venne smentita la voce corsa, che responsabilità vi
fossero cioè da parte degli operai allora bolscevizzanti. Abbiamo cercato di
approfondire le nostre indagini, recandoci ad interrogare alcuni operai, non
badando alla influenza di quella scienza del poi che è in tutti, ora che il
disastro è irreparabile.
Ma
più che la voce degli operai, abbiamo ascoltato le conclusioni dei tecnici.
L'ingegner Zanchi, capo dell'ufficio della Provincia, non ha voluto
assolutamente pronunziarsi, ma, ad alcune contestazioni che gli facevamo, non ha
risposto, quasi come per acconsentire. Egli invece ha preferito intrattenerci
sui lavori che si stanno intanto portando a termine in questi giorni per l'opera
di sistemazione provvisoria delle comunicazioni.
Ormai si può dire che dal Dezzo alla strada di Schilpario si comunica
definitivamente, come pure per tutti i tratti della Via Mala, fino al
cinquantesimo chilometro, dove verrà tra poco rifatta la strada. L'esperto
ingegnere si preoccupa poi del cadere nella neve di oggi. Bisognerà raddoppiare
i lavori, egli ci ha detto, per avere sgombra la strada e mantenere le
comunicazioni. L'opera di soccorso sarà difficile e occuperà oltre al
raggruppamento del genio pontieri e della Milizia nazionale, altri reparti nella
zona del Dezzo.
In Prefettura abbiamo poi saputo dal commendatore Montuori, presidente della
Commissione reale per la Provincia, che oggi si è deliberato di stanziare 2
milioni in opere di carattere provinciale, mezzo milione in opere di carattere
comunale, oltre alle 200.000 lire per i soccorsi. I lavori sono stati decisi e
saranno comunicati in settimana per essere portati a termine nel più breve tempo
possibile.
Notizie da Lovere informano che stamane venne celebrata una funzione solenne di
suffragio, nella chiesa di Santa Maria, ai più che 40 morti là trasportati dopo
il disastro. La funzione fu promossa dal clero e dalle associazioni cattoliche.
Domani alle ore 9 si celebreranno i funerali solenni, con l'intervento di tutta
la popolazione locale e dei paesi limitrofi. Per il trasporto delle salme da
Santa Maria al cimitero, le autorità locali hanno disposto di usare degli
autocarri.
L'identificazione dei cadaveri procede ancora. A Lovere si sono identificati
Botti Pasqua, fu Luigi da Gratacasolo, residente ad Angolo; Giudici Paolo di
anni 23; carrettiere di Clusone, alle dipendenze della ditta Pellegrini,
sorpreso nella Via Mala; Pasinelli Giovanni di Enrico, di anni il 26 da Angolo;
Milesi, fratello del maestro del forno fusorio del Dezzo, non meglio
identificato; Vecchiati Tommaso di Arturo, di anni 9, da Corna: Milesi
Giuseppina da Angolo, moglie dello stradino provinciale del Dezzo, oriunda di
Bergamo, e il direttore del centralino elettrico del Dezzo.
Ma mentre si procede a queste operazioni, altri cadaveri sono recati nella sala
mortuaria. Infatti ancora ieri sera, venne rinvenuto il cadavere della
tredicenne Giardini Maria, colta dall'impetuosa corrente, mentre andava a
scuola, o nella casa dei coniugi Rizzi, fra materiale e rottami, venne trovato
il cadavere di un inquilino da poco tempo dimorante a Corna, ed oriundo della
Val di Scalve.
Ancora nel pomeriggio nel brolo Carissoni si è rinvenuto il cadavere di una
donna, e nella casa Rusconi quello di un uomo. Questi cadaveri non sono stati
ancora identificati. Non si può quindi escludere che altri cadaveri siano ancora
rincantucciati e annidati in case o cantine, ove ancora una quantità di
materiale di ogni genere, frammisto a terriccio, vi è accatastato coi segni di
una pressione violenta che ha formato dei massi compatti.
Anche a Darfo i rinvenimenti si susseguono: ogni tanto qualche cadavere è
restituito anche dalle acque del lago di Iseo.
Le sottoscrizioni a Bergamo e provincia continuano attivamente. Giungono
numerose notizie da ogni parte d'Italia che provano la solidarietà per la nostra
provincia.
Telegrammi di gratitudine
A
nome delle popolazioni duramente colpite dall'immane sciagura di Valcamonica, il
Sindaco di Darfo e il Commissario prefettizio di Vilminore hanno inviato
telegrammi al Presidente del Consiglio, onorevole Mussolini, e al Ministro della
Guerra, onorevole Diaz, per ringraziare della affettuosa sollecitudine e dei
rapidi soccorsi inviati dal Governo e dalla opera prestata dall'esercito e dalla
Milizia.
Un telegramma di fervida riconoscenza è stato inviato dalla Commissione reale
per la provincia di Bergamo all'onorevole Finzi.