Il Popolo d'Italia mercoledì 05 dicembre 1923
Dopo il disastro del Gleno
Il censimento e la identificazione dei cadaveri

Brescia, 4 notte.
Nei paesi devastati dall'immane valanga precipitata dal serbatoio di Gleno è continuata oggi l'opera di censimento e di riconoscimento dei cadaveri.
Finora i morti recuperati ammontano a 217 e solo un centinaio di essi è stato identificato in modo certo. Il riconoscimento ha dato luogo a scene strazianti di pietà.
Come si prevedeva, il rapido, improvviso crescere delle acque del fiume Dezzo, dovuto alle abbondanti piogge cadute nell'alta Valle di Scalve, ha reso ancora più impetuosa la corrente alla confluenza del fiume stesso con l'Oglio; e la passerella, costruita con rischio animoso e continuo dai pontieri e dalle Camicie Nere bresciane, è stata travolta. Di conseguenza le comunicazioni tra le due frazioni superstiti di Corna sono nuovamente interrotte.
Il reparto zappatori della XV legione della Milizia nazionale, forte di un centinaio di uomini, è rimasto sul posto e sta provvedendo a rimettere la passerella; sul posto ci sono anche 300 uomini di truppa che lavorano allo sgombro delle macerie ed al trasporto dei cadaveri man mano che si trovano.
S. E. Bonardi, espressamente delegato dal Governo per visitare i luoghi e riferire sui provvedimenti necessari, è stato nella giornata d'oggi a Corna, Angolo e Mazzunno per concretare le occorrenti disposizioni. All'uopo S. E. Bonardi ha preso accordi con l'ispettore superiore del Ministero dei Lavori Pubblici commendatore ingegnere Rampazzi e con l'ingegnere capo del Genio Civile Braussi.
L'opera di sistemazione e di ricostruzione dei paesi devastati dovrà, per volere espresso dal Governo, assumere un ritmo accelerato.
Il commendatore Rampazzi si è recato a visitare la località dove esisteva la diga e trasmetterà al Governo immediatamente un rapporto sulle sue indagini.
S. E. Bonardi è partito questa sera alle ore 19 per Roma.

I soccorsi

Bergamo, 4 notte.
Il Direttorio Nazionale del P.N.F. ha deliberato di versare la somma di lire 15.000 per i danneggiati della catastrofe di Val del Gleno.
Altre 15.000 lire ha assegnato per Bergamo e 10.000 per Brescia il presidente della Croce Rossa senatore Ciraolo, come fondo straordinario per i primi soccorsi.
Intanto domani a Dezzo ed a Vilminore saranno istituiti dei magazzini viveri, per disposizione del prefetto di Bergamo che è oggi tornato sul posto con il sottoprefetto di Clusone ed il questore di Bergamo.
Numerose dame della Croce Rossa locale sono partite stamane per i luoghi del disastro, dov'è già arrivata una rappresentanza dell'Associazione Mutilati di Bergamo, che si è fatta promotrice di una pubblica sottoscrizione.
La sezione di Bergamo dell'Associazione Nazionale Alpini ha deliberato l'invio del consigliere avvocato Gian Maria Bonaldi nei paesi colpiti per poter proporre poi al Consiglio direttivo della sezione stessa il modo migliore per aiutare gli ex alpini e le loro famiglie danneggiate dalla spaventosa rovina.
Anche l'A.N.A. ha aperto una sottoscrizione fra i suoi soci.

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Essendo pervenuta dall'autorità giudiziaria di Bergamo la richiesta della designazione di un tecnico idraulico milanese quale perito nell'inchiesta per il grave disastro in Valcamonica, il commendatore Montanari, capo dell'ufficio d'istruzione del Tribunale di Milano, ha fatto cadere la sua scelta sul professore ingegnere Gaetano Ganassini, insegnante di idraulica al Politecnico. (...)

Imminenti provvedimenti del Consiglio dei Ministri

Roma, 4 notte.
Stamane il grande rapporto a Palazzo Chigi è stato di breve durata e, subito dopo, il Duce ha trattenuto in particolare colloquio il sottosegretario all'Interno, onorevole Finzi, che era rientrato a Roma stamane insieme con S.M. il Re dai luoghi del disastro dell'Alto Bergamasco. L'onorevole Finzi ha fatto un'ampia relazione che il Presidente ha seguito attentamente e, poco dopo, anche una relazione dettagliata del disastro ha fatto al Capo del Governo il ministro dei Lavori Pubblici onorevole Carnazza, tornato anche lui a Roma nella mattinata. Il Presidente ha subito disposto la riunione del Consiglio dei ministri per domattina per concretare le provvidenze da adottarsi.

Le impressioni del Ministro dei Lavori Pubblici

Roma, 4 notte.
Il ministro dei Lavori Pubblici onorevole Carnazza, al suo ritorno dai luoghi devastati della Valcamonica, ha avuto occasione di esprimere le sue impressioni sul grave disastro, impressioni che possono riassumersi nella frase da lui pronunciata per rispondere a chi lo interrogava in proposito: “Tutto perduto, tutto da rifare”. I giornali - ha soggiunto il ministro - non hanno esagerato, perché laggiù lo spettacolo è terrificante. Acqua, macerie, limo, nella loro caduta rovinosa e travolgente hanno tutto sommerso, tutto livellato. Un piano perfetto si è formato a valle del serbatoio crollato, là dove erano appena pochi giorni addietro ricche coltivazioni, case, fervida operosità umana. Sono state fatte alcune cifre nei riguardi dell'entità dei danni. Chi ha parlato di 150 milioni di danni, chi ha ridotto e chi ha accresciuto questa rispettabile cifra. Ma possiamo per ora affermare che ogni valutazione rischia di risultare in definitiva non rispondente alla realtà.
L'onorevole Carnazza attende, riguardo alla valutazione dei danni, il rapporto dell'ispettore del Ministero dei Lavori Pubblici, commendatore ingegnere Rampazzi, da lui inviato sui luoghi sin dal primo momento.
L'opera del Governo - ha aggiunto il ministro - è molto energica e bene ispirata. Esso è intervenuto e interverrà per quanto è possibile. Certo a tutto il governo non può bastare, specie per quel che si riferisce alla resurrezione dei luoghi colpiti e alla ripresa delle varie forme di attività. La riuscita molto dipenderà dall'iniziativa privata che non mancherà.
È giusto in proposito il rilievo del Corriere d'Italia, il quale dice che per quanto il disastro sia grave esso non deve determinare degli allarmi ingiustificabili poiché in Italia in questo momento sono in corso molte iniziative analoghe le quali daranno, completate, una grande ricchezza idrica ed elettrica alla Nazione con grandi benefici per l'economia del Paese.
Ieri la Tribuna accennava alla voce che la ditta concessionaria dell'utilizzazione delle acque del torrente Povo, al Piano di Gleno, non si fosse attenuta scrupolosamente nella costruzione delle opere alle esigenze reclamate della pubblica amministrazione. Ora negli ambienti ufficiali la Tribuna ha avuto conferma che la ditta, di fronte a vari progetti che furono ad essa presentati dai tecnici, avrebbe preferito quello che era ispirato a concetti di più stretta economia, cosicché l'avere adottato nell'esecuzione tali criteri e l'aver condotto innanzi i lavori con fretta (...) sarebbero fra le cause non ultime del disastro.

Dichiarazioni dell'onorevole Finzi sulla entità e sulle cause della catastrofe

Roma, 4 notte.
La Tribuna ha avuto un colloquio con l'onorevole Finzi, che insieme col Sovrano ha visitato i luoghi della catastrofe.
L'onorevole Finzi, dopo avere descritto alcune terribili e desolanti impressioni riportate dalla vista e dopo avere encomiata l'opera della Milizia Nazionale che prodiga tutta la sua attività in soccorso di quelle popolazioni, ha così parlato circa l'entità della catastrofe.
Una sciagura tremenda, che strazia il cuore, serra la gola, stordisce quasi coloro che si recano sul luogo del disastro. Per ora tutte le forze debbono essere rivolte, a mio avviso, a liberare le case abitabili dagli ammassi di fanghiglia e di detriti che le riempiono nei primi piani e talvolta fino ai secondi piani.
L'onorevole Finzi, quindi, interrogato sulle cause del disastro, ha risposto: “Fra le cause prime vi è questa: il bacino non era mai stato portato al punto di capienza cui trovavasi al momento del disastro. Almeno questo sembra si sia precisamente constatato; anzi le acque, colmato il lago artificiale, strariparono dalla Diga. Si formò così una specie di cascata. Pare che l'acqua da questa improvvisa cascata andasse a battere sulla parete inferiore della diga con un salto di circa trenta metri, indebolendo così la parete che era già sotto uno sforzo enorme per la pressione di 6 milioni di metri cubi di acqua.
La base è stata in pochi secondi travolta dall'immensa quantità di acqua che precipitava attraverso il varco aperto. Nella sua iniziale spinta l'acqua si è subito dopo abbattuta contro il primo angolo della vallata. È lì, nel vortice che l'acqua ha dovuto compiere, che è stato spezzato il paese di Dezzo. Poi si è incanalata con furia distruggitrice, superando ogni ostacolo nella stretta e profonda vallata della Via Mala, finché, percorsi venti chilometri di vallata, si è sfogata rabbiosamente nelle aperture di Corna e di Darfo. Si calcola che i 6 milioni di metri cubi che conteneva il bacino montano siano usciti da esso in quattro o cinque minuti ed abbiano spazzato Dezzo in meno di dieci e ne abbiano impiegati venti per giungere a Darfo.
L'onorevole Finzi ha concluso rivelando il conforto e il sollievo che in quelle desolate popolazioni ha recato la presenza del Re.

Interrogazioni di senatori e deputati

Il senatore Margarini ha presentato al Senato la seguente interrogazione:
“Il sottoscritto chiede di interrogare il ministro dei Lavori Pubblici per sapere se risponde a verità la notizia che il crollo della diga di Gleno possa essere attribuito a mancanza di sorveglianza delle opere e quali provvedimenti intenda prendere per la vigilanza di simili opere sia già costruite sia in costruzione”.
I senatori bresciani hanno inoltre inviato all'onorevole Mussolini il seguente telegramma: “Per i paesi e per le popolazioni colpite dalle rovine di Dezzo i sottoscritti senatori invocano provvidenze adeguate alla gravità straordinaria del disastro. - Firmati: Bonicelli, Castiglioni, D Como, Molmenti, Passerini”.
I deputati popolari Montini, Longinotti, Bresciani e Salvadori hanno presentata una interrogazione al Presidente del Consiglio e ministro dell'Interno e al ministro dei Lavori Pubblici per conoscere le cause del disastro del bacino artificiale del Gleno e della conseguente rovina dei paesi del Bergamasco e del Bresciano, e per conoscere altresì se si siano assodate delle responsabilità e quali provvedimenti il Governo abbia preso per apprestare soccorso ai paesi colpiti o per disporre opere di riedificazione e prevenire consimili sciagure.

Così è se vi pare
Senno di poi

Non si parla d'altro: e se ne riparlerà a lungo appassionatamente. E le parole non soltanto daranno sfogo alla naturale pietà per i morti numerosi e per quei sopravvissuti che l'immane catastrofe ha ridotti a miserande condizioni materiali e morali; non soltanto esprimeranno il rammarico per le ingenti ricchezze perdute; ma chiederanno la soluzione del dubbio angoscioso: fatalità o imprudenza colpevole? La diga è crollata per calcoli errati degli ingegneri che la progettarono, o per difetto di tecnica nella costruzione o per fraudolento impiego di materiale disadatto e di qualità scadente? Oppure si è sfasciata per una imprevista erosione del sottosuolo e, in tal caso, l'erosione era assolutamente imprevedibile? Si è già annunciata l'apertura di un'inchiesta: ma all'annuncio non può tener dietro un'attesa tranquilla e silente. Dilagheranno le congetture e i sospetti: e i più verbosi saranno, al solito, gli incompetenti. E se l'inchiesta dovesse chiudersi con un'assoluzione generale, ben pochi metterebbero il cuore in pace, per una serqua di ragioni, non tutte egualmente valide, ma talune validissime di sicuro.
Si sa che il pubblico, quando un disastro non è dovuto esclusivamente e indubbiamente alle forze ricche della natura, non crede che giustizia sia fatta, se non sono ufficialmente riconosciute le responsabilità personali di Tizio, di Caio e di Semprogno; tutt'al più è disposto a tenere per buona la distinzione fra responsabilità dolorose e colpose. Poi, nel caso nostro, un tecnico di grande valore e di autorità indiscussa ha già sentenziato: ”non parliamo di fatalità”, confermando la prima impressione subita, penso, da ogni profondo dotato di un po' di buon senso. Poi si diffida dei giudici che potrebbero essere parte in causa, cioè di quegli alti funzionari del Genio Civile, ai quali certamente spetta l'esame dei progetti e la sorveglianza sulla loro esecuzione. Infine, la dichiarata incolpevolezza degli uomini darebbe carattere di irreparabilità all'oscura minaccia di altri simili disastri futuri. Chi vi si potrebbe serenamente acconciare? Si pensi al gran numero di laghi artificiali, già creati o in corso di creazione del nostro paese. Gli edifici isolati, i villaggi e i borghi delle vallate sottostanti appaiono tutti in eguale pericolo di essere travolti e annientati insieme ai loro abitatori, qualora il sostegno delle acque si sfasci. Fino a ieri, nessuno ci pensava perché la fiducia negli ingegneri era grande, infinitamente più grande di quella che si accorda agli altri professionisti garantiti e bollati dalle regie Università. Appena qualche voce isolata si levava a esporre qualche dubbio in una conversazione a quattro occhi. Ricordo, per esempio, un paio d'anni fa il professore di geologia D'Alessandro, morto prematuramente poco di poi, mi parlava di qualche lago artificiale non riuscito perché l'acqua, raggiuntavi una certa altezza, sfuggiva attraverso insospettati crepacci dei fianchi montani; e concludeva: “Gli ingegneri hanno il torto di intraprendere questi lavori senza interrogare prima il geologo”. Ma al grande pubblico neppure passava per la mente che i conti degli ingegneri, fatti senza il concorso della scienza geologica, potessero essere sbagliati. Forza x, resistenza 2x o 3x, e siamo a cavallo, visto che gli ingegneri conoscono esattamente il valore di x e che la matematica non è un'opinione. Sicuro; ma c'è anche un y, che avrebbe dovuto trovar posto nelle formule, ed era invece lasciato fuori...
A questo ottimismo pseudoscientifico succederà domani un pessimismo empirico finché si vuole ma certamente non ingiustificato. E la questione, per forza, si allargherà. Non soltanto si pretenderà (e sarà giusta pretesa) che sia rifatto un rigoroso collaudo degli sbarramenti in funzione, che si eserciti una sorveglianza strettissima su quelli in corso di costruzione, e che si compiano studi completi prima di autorizzare l'inizio di altri lavori analoghi; ma si chiederà che il Governo sia tenuto civilmente responsabile dei danni. A ciò non mancheranno buoni motivi morali e giuridici. Morali, perché in molti precedenti casi disastrosi, di cui sofferse una città od una piaga italiana, l'erario provvide ad alleviare il danno dei pochi, suddividendolo fra i contributi dell'intera nazione, col fornire alle vittime i mezzi per ricostruire l'abitazione, opifici e macchinari. Giuridici, perché nel caso nostro specifico il disastro non sarebbe avvenuto, se lo Stato sovrano non avesse concesso la sua indispensabile approvazione preventiva e successiva a quei disgraziati lavori. Non per nulla un vecchio ... popolare dice dice “chi paga comanda, ma chi comanda paga”.
Tutte corbellerie? Può darsi; né i lettori né il Governo, per fortuna loro, hanno l'obbligo di darmi retta. Chiedo soltanto che mi compatiscano, pensando che non sono un giurista - e nemmeno un ingegnere -.

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