Franco Novelli, di Dezzo, anni 76, intervista raccolta nel 1993.

Dove si trovava la mattina del crollo?
Mi trovavo ad Azzone pronto per recarmi a scuola quando è venuta a mancare la luce corrente elettrica. Siamo usciti di casa, la gente si chiedeva che cosa poteva essere successo. In basso nella vallata si vedeva una marea di fango. Erano le prime luci dell'alba, era uno spettacolo molto tetro e triste.
Gli anziani parlando tra loro dissero che non poteva che essere scoppiata la diga del Gleno.

La sua casa fu distrutta?
Non la casa di abitazione che si trovava ad Azzone ma fu distrutta quella che mio padre aveva acquistato da poco al Dezzo, per poter essere vicino al posto di lavoro (lavorava in proprio al forno fusorio). Siccome c'erano molte vittime da rimborsare, fondi per i beni immobili non ne rimasero più.
I danni economici per la mia famiglia furono elevati perché venne distrutto anche il forno fusorio da cui mio padre traeva il proprio profitto per il mantenimento della famiglia; inoltre aveva perso anche i cavalli di sua proprietà che servivano per il trasporto del carbone e dei minerali in genere.

Che cosa ha fatto dopo il disastro?
Ho continuato ad abitare ad Azzone con la mia famiglia.

Avevate paura che la diga del Gleno potesse cadere?
Sì, perché voci di paese dicevano che le opere non rientravano nelle prescrizioni di garanzia.

Cosa successe a suo padre?
Mio padre aveva il forno fusorio al Dezzo. Ogni mattina andava al "Mulino" a bere il caffè, ma quel primo dicembre del 1923 non aveva voglia quindi restò a casa.
Dalla finestra aperta sentì un forte vento che in un attimo gli riempì la casa di foglie secche, poi cominciò a entrare il fango. Corse subito verso il fienile per mettersi in salvo ma sotto la cascina si era formato un lago di acqua e fango. Allora prese un bastone, si buttò nel laghetto e raggiunse l'altra parte.
Aveva freddo perché era inverno. Raggiunta l'altra sponda seguì la via di "O" e raggiunse la baracca dei pastori di Colere, lo soccorsero e gli diedero dei vestiti asciutti ma gli arrivavano alle ginocchia perché lui era molto alto e loro erano bassi.
Voleva comunicare alla sorella che era vivo ma non sapeva come fare, allora si mise a urlare che si era salvato; lo sentì il calzolaio di Dezzo che aveva la casa al di là del fiume e lui corse a dare la notizia alla sorella.
Verso sera riuscì a raggiungere la sorella perché erano riusciti a costruire una specie di ponte sul laghetto di fango.

www.scalve.it