I NOBILI CAPITANEI DI SCALVE
di Ettore Bonaldi
(in Antica Repubblica di Scalve, Ferrari editrice, 1992)
Oggi il nome dei Nobili Capitanei si è trasformato
in Capitanio e come tali continuano a esistere sia in Valle di Scalve sia
in altri luoghi ove il ramo più facoltoso aveva vasti possedimenti
e le maggiori ricchezze; nei secoli precedenti però, quando i cognomi
non erano ancora entrati nell'uso comune, si usava chiamarli alla maniera
latina: "De Capitaneis".
Così avveniva anche per altri casati come ad esempio
quello degli Albrici, i quali erano specificati come "De Albericiis" divenuti
in seguito Alberizii e poi Alberici per finire più semplicemente
in Albrici.
Per i Capitanei, tuttavia, il nome è da ripetersi
semplicemente dalla carica che essi occupavano in diverse città,
dove nel precedente secolo tal carica era invalsa in quasi tutti i paesi
della Lombardia; e in Bergamo non poche erano quelle famiglie che godevano
un tal titolo, non essendo in verum modo cognome di qualche particolare
casato…
Possiamo in tal modo accettare che già da tempo
questa famiglia dimorava in Bergamo ed era una delle più illustri,
come con molti autentici fondamenti dimostra il Sig. Giuseppe Ercole Mozzi.
Che, se il Quadrio a buoni fondamenti appoggia la sua asserzione che i
Signori Capitani di Scalve, cittadini Bergamaschi avessero molti Castelli
in Valtellina, si può trar quindi argomento di credere, che una
parte della Valtellina fosse una volta compresa nel contado di Bergamo,
e perciò questi illustri Capitani della Valle di Scalve confinante
con la Valtellina, estendessero colà la loro Signoria.
Quindi avrebbe a dirsi che alcuni di essa famiglia non
da Valtellina a Bergamo, ma da Bergamo in Valtellina fossero passati ad
abitare o ad acquistarvi poderi, dal possedimento dei quali fossero poi
in questo secolo disturbati, se pur è vero quanto racconta il Quadrio,
il quale per altro inutilmente si sforza di provare che la Valtellina era
stata sempre libera, né soggetta al contado di veruna città…(28)
Possiamo dunque schierarci con il Ronchetti e anche col
Quadrio nell'asserire la presenza dei Capitanei sia in Valtellina che in
Valle di Scalve e anche nell'ammettere che possedevano poderi e Castelli
in ambedue le Valli, ma discordiamo dal Quadrio e ci schieriamo con quanto
asserisce il Ronchetti riguardo al passaggio dei Capitanei da Scalve alla
Valtellina e non viceversa.(29)
Ci sembra pure verosimile, anche se non apoditticamente
provabile, l'ipotesi sostenuta dal Ronchetti che "una parte della valtellina
fosse una volta compresa nel contado di Bergamo".
Che fossero in un certo senso aggregate, o confederate,
appare anche dal testo di supplica presentata al Governo di Venezia dal
rappresentante dei tre Comuni di Scalve, Averara e Taleggio, tendenti a
sostenere e mantenere la loro separazione dalla Città e dal territorio
di Bergamo, concessa con Ducale del 1476 e confermata anche in seguito.
In quel momento viene riportata la risposta di Venezia
riguardante l'accettazione di sudditanza alla Serenissima Repubblica dei
tre Comuni accennati. Il documento inizia come segue: "Illustrissimi Signori,
del 1428 la Illustrissima Signoria prese la città di Bergamo com
il suo territorio et distretto et Castello di Lecho et Valsasna et Valtulina,
soto qual Valsasna era il Comune di Taleggio et di Averara et soto (leggi
confederate) Valtulina era il Comune di Scalve…"
Venezia decise di accettare come sudditi i tre Comuni
di Averara, Scalve e metà Taleggio, mentre "il resto di Taleggio,
Valsasna et Valtulina, tornoseno ala obedientia del Duca di Milano".
In tal senso potevano dunque considerarsi confederate
non solo per quanto riguarda i rapporti economici e industriali, ma anche
in certo modo politici, mentre coll'avvenuta accettazione di Scalve sotto
il suo Dominio, e con l'esclusione della Valtellina, la quale restava suddita
del Duca di Milano, i rapporti politici cessarono pur continuando quelli
commerciali e di mutue relazioni civili e di amicizia.
E così si spiegherebbe sufficentemente la nota
marginale del manoscritto esistente presso il Fondo Albertoni di Cremona,
che recita "Vallis Scalvi tunc temporis erat aggregata cum Valtellina",
e anche la presenza del famoso Briano di Teglio, venuto ad Almenno a rappresentare
il suo Comune nella questione tra la nobile famiglia dei Capitanei e la
Comunità di Scalve.
Non sarà del tutto fuori luogo ricordare anche
come ai tempi delle Signorie facilmente una Valle, o qualche tratto di
essa, era costretta a cambiare Padrone, secondo gli interessi politici
dello stesso, come avvenne per la Comunità di Val di Lozio in Val
Camonica, che dovette stare soggetta per parecchio tempo "in civilibus"
al Vicario della Valle di Scalve.
NOTE:
(28) Giuseppe Ronchetti: Memorie Istoriche,
II, pag. 213-214 <
(29) G. Antonucci, infatti, sostiene
che i Capitanei di Scalve erano originari di questa Valle, e da questa
scesero a Bergamo; e poi, ottenuta grande autorità nell'amministrazione
degli affari, allargarono il loro potere e la loro influenza anche altrove.
Per questo motivo preferisco chiamarli Capitanei e non Capitani, al fine
di evitare di confonderli con i soliti Capitani rappresentanti dell'autorità
signorile nelle diverse città d'Italia. <
(in Antica Repubblica di Scalve, Ferrari editrice, 1992)