Chiesa parrocchiale di Vilminore

Esistevano in antico a Vilminore due chiese, una dedicata a S. Pietro, ed era la pieve di tutta la Valle di Scalve e della Valbondione, e una dedicata a S. Maria.

Nel 1694 esse vennero abbattute e fu iniziata la costruzione della chiesa attuale, che venne aperta al culto nel 1702 e consacrata solo il 29 agosto 1874 per mano del Vescovo Pier Luigi Speranza che la dedicò a S. Maria Assunta e a S. Pietro.

È un edificio veramente imponente, ideato e costruito dai maestri comacini della Val d’Intelvi con poderosi contrafforti all’esterno e secondo una solenne scansione dei ritmi all’interno.

La facciata è a due ordini raccordati con modiglioni ed ha un bellissimo portale con colonne cui sovrasta una Madonna dei Calegari di Brescia (‘700).

Un buon numero delle tele e degli affreschi di cui è ricca la chiesa si deve ad Enrico Albrici nativo di Vilminore. Ricordiamo di lui le grandi tele sul presbiterio, raffiguranti S. Pietro che risana lo storpio e la caduta di Simon Mago, la pala della Trasfigurazione (1763) e i cinque grandi affreschi nella navata con storie della vita di Maria e di S. Pietro. Sue anche due piccole tele di sapore idilliaco e la Via Crucis. La pala centrale raffigurante l’Assunzione di Maria è di Giovanni Raggi (m. 1792), al quale sono anche attribuite le tre tele della volta. La Natività di Maria e la Presentazione al Tempio, sempre nel coro, sono di Francesco Cappella (m. 1784); la pala di S. Antonio all’altare omonimo è firmato Antonio Paglia 1710; il Transito di S. Giuseppe è di Lattanzio Querena di Clusone (1842) che vi sostituì una tela dello stesso soggetto del compaesano Antonio Cifrondi (m. 1730), ora riposta nella sagrestia.

Al Querena si ascrivono anche il Sacro Cuore e una Pietà. Una tela assai bella, raffigurante le Stigmate di S. Francesco, è firmata Gian Paolo Cavagna 1625; delle due tele ovali collocate in alto sulla facciata interna, quella dell’Assunta fu data al Moroni (?) mentre quella di S. Antonio di Padova è di Carlo Ceresa (m. 1679); altra tela ovale con S. Antonio abate è di Vincenzo Angelo Orelli (1803); le quindici storiette del Rosario, restaurate da Ezio Bartoli nel 1976, sono di Domenico Carpinoni (m. 1658), alla cui maniera si ispira lo Sposalizio Mistico di S. Caterina d’Alessandria.

Il pur sempre pregevole altare maggiore, che è fantoniano (1742), fu in passato spogliato di quasi tutti i putti che lo decoravano. Pure la fantoniana statua della Madonna, mentre le statue di S. Domenico e S. Caterina allo stesso altare si vogliono del Calegri. Il pulpito fu intagliato nel 1611 per la pieve dal luganese Domenico Colombo e completato nel 1671 con le sette statuette scolpite da Carlo Ramus. Il ricco capocielo fu disegnato da D. Giovanni Albrici, figlio di Enrico. Il coperchio protettivo del secentesco fonte battesimale fu sbalzato nel rame da Claudio Nani nel 1958. In quello stesso anno la ditta F.lli Lombardi di Rezzato rinnovava il pavimento della chiesa, con Botticino, repen e occhialino, mentre nel 1956 la ditta Carlo Comana aveva realizzato la balaustrata dell’altare del Rosario.

Cospicua la dotazione di arredi e paramenti preziosi, tra i quali una croce astile in rame dorato e traforato, del ‘500; una "pace" d’argento sbalzato, del ‘600; un grande calice d’argento in parte dorato, con ricchi sbalzi e finemente cesellato, capolavoro di oreficeria del ‘700, con inciso nel piede "F. Marcioni"; altri vasi sacri sempre d’argento del ‘700; belle lampade in rame argentato e sbalzato dello stesso periodo; paramenti vari in seta, ganzo e damasco con ricami, del ‘6-‘700; e pizzi delle Fiandre, di Venezia e di Milano.

L’organo risulta dalla fusione operata nel 1741 da Cesare Bolognini di Lumezzane dei due organi appartenuti alla pieve e a S. Maria (quest’ultimo era stato acquistato dalla chiesa di S. Francesco in città nel 1585). Venne rifatto nel 1819 da Giovanni Bossi e nel 1845 da Angelo Bossi.

Il campanile, a tre ordini su basamento costituito da enormi blocchi monolitici, è tutto in pietra locale. Fu costruito dal 1783 al 1803 dagli Zagnoli di Clusone su disegno di Girolamo Luchini, che dopo una costruzione di pochi anni innanzi era rovinosamente crollata. Il concerto di otto campane in "si b.", fuso in luogo nel 1815 dalla ditta Andrea Crespi, venne rifuso dopo l’ultima guerra dalla ditta Giacomo Crespi di Crema e consacrato dal vescovo Adriano Bernareggi il 26 maggio 1948.

in L. Pagnoni (a cura di), Chiese parrocchiali bergamasche, Bergamo, p.413

www.scalve.it