Francesco Capella
La vita
di Chiara Perini Tellini
(Tratto da PITTORI BERGAMASCHI DAL XII AL XIX SECOLO, IL SETTECENTO III, raccolta di studi a cura della Banca Popolare di Bergamo, Edizioni Bolis, 1990, pp.562-564)

Francesco Capella, nacque a Venezia nella parrocchia di S. Cristoforo ( Madonna dell'Orto) il 5 giugno 1711 (C. Caversazzi 1936, n. 3, p. 120). Scolaro del Piazzetta, compare nella fraglia dei pittori veneziani tra il 1744 e il 1747 (Pignatti 1965, p. 23). Le opere attribuibili alla giovinezza del Capella, anteriormente al 1747 (data dell’Immacolata di Cortona), non sono documentate e dimostrano una notevole adesione ai modi piazzetteschi. Il 30 luglio 1746 (U. Procacci 1947, p. 122) il Capella è pagato per l’Immacolata Concezione, S. Margherita e il beato Guido Vagnottelli e le anime del purgatorio, destinata alla chiesa di S. Andrea a Cortona, ora nell'oratorio di Villa Tommasi in località Metelliano: opera ispirata puntualmente ad un modello piazzettesco (Immacolata Concezione della Galleria di Parma, 1744) e nella quale non mancano echi di moduli alla Bencovich. Nel 1747 iniziano i rapporti fra il Capella e Bergamo. Il conteì Francesco Passi, in una lettera del 5 luglio da Venezia al conte Giacomo Carrara, dà buone referenze del Capella, presentato come "giovane di grande aspettativa" (A. Pinetti 1921, p. 24, nota 18). Il 6 maggio 1749 si conclude il contratto per il trittico della basilica di S. Martino ad Alzano Maggiore, Santi adoranti, La Croce, S. Lucia e S. Apollonia. Ancora una volta il Capella prende a prestito schemi e moduli piazzetteschi, ed anche scorci alla Bencovich, ma con un’intonazione cromatica leggera e lucida, rispetto la fondamentale pala di Cortona. II trittico di Alzano inaugura una lunga stagione di intensa operosità nel territorio bergamasco. Alle tre tele si possono accostare l’Immacolata Concezione della chiesa di S. Giuseppe a Bergamo e il Transito di S. Giuseppe ora al Museo Diocesano, ancorate al Piazzetta ma già protese ad una definizione dolce ed argentea del lume. La formazione linguistica del Capella si amplia con la meditazione consentitagli sia dall'ambiente veneziano sia dai rapporti istituiti con Bergamo. Si colgono nelle opere predette così come in una serie di Madonne, echi del Ricci e di Francesco Guardi: insomma il Capella declina il pittoricismo piazzettesco in senso più acutamente rocaille, con raffinate scritture "neogotiche" e una materia sempre più sottile e lievitante. Il 16 maggio del 1750 (Procacci 1947, p. 123) viene collocata nella chiesa di S. Filippo a Cortona la tela raffigurante il Miracolo di S. Francesco di Paola (ora nel Museo Diocesano), nella quale si rinnovano i già esperiti rapporti col Piazzetta e soprattutto col Bencovich, per lo schema compositivo, i tagli obliqui delle figure e i drammatici contrapposti chiaroscurali. In questo momento si precisa la posizione del Capella nell'ambito della scuola piazzettesca, in cui prevale una normalizzazione accademica. Infatti la Madonna e S. Giovanni Nepomuceno (già a Longarone), databile al 1750 circa conferma rispetto le opere coeve dello stesso Piazzetta, nonché quelle degli allievi, un atteggiamento arditamente eversivo che ripropone, a contrasto con la ripetitività scolastica ormai invalsa tra gli allievi, ed anche nell'opera dello stesso maestro, azzardati schemi asimmetrici e una gestualità altamente retorica. I rapporti fra il Capella e l’ambiente bergamasco sono confermati da una lettera del 4 luglio 1750 da Venezia del pittore al conte Giacomo Carrara, in cui il Capella esprime un giudizio elogiativo nei confronti del Tiepolo. Nel 1755 l’artista è ancora a Venezia: forma il collegio dell’Accademia di Venezia, assieme a trentasei professori (Fogolari 1913, p. 266; Bassi 1941, p. 157) scelti da Tiepolo, Pittoni e Morlaiter. L'anno successivo il Capella firma e data l’Autoritratto della Carrara, già teso a mediare l’impostazione piazzettesca con un senso di verità lombarda. I1 26 marzo 1757 (Pinetti 1921, p. 26), il Capella stipula con il nobile bergamasco Bonifacio Albani un contratto per una Maddalena nel deserto, che il pittore si impegna ad eseguire "con panegiamenti forti di colori". La Maddalena (già presso la collezione Pipia di Bergamo) ripropone la meditazione delle soluzioni tenebrose di un Piazzetta con un avvicinamento, tra gli scolari del Piazzetta, ai modi più intensamente chiaroscurati ed espressionistici di Giulia Lama. Il felice esito di questa commissione determina nel 1757 il trasferimento stabile del Capella a Bergamo, qui invitato dal conte Giacomo Carrara e da mons. Carlo Albani, arcidiacono della cattedrale. Il 2 agosto 1757 il pittore conclude il contratto, con Giovanni Antonio Teodoro Albani, per la decorazione di casa Albani (A. Pinetti 1921, p. 27) che doveva constare di "4 quadri in soffitto, ed inoltre altri quadretti dodici, che devono servire per ornamento del passaggio, della saletta in mezzo a due stanze". La decorazione di casa Albani, saldata il 5 agosto 1758, costituisce una svolta capitale nella produzione dell’artista. Se da un lato sono ancora avvertibili referenze piazzettesche, e quindi indirettamente crespiane, dall'altro si assiste ad un alleggerimento della gamma cromatica e del rapporto spazio-figure, cui non è estraneo il suggerimento tiepolesco dato dalla decorazione della cappella Colleoni. Si è parlato, a proposito di queste allegorie (R. Pallucchini 1932), di raffinate riprese da Strozzi, Maffei, e accostamenti allo Zuccarelli (sensibile negli sfondi paesaggistici), ma non sarà fuori luogo accennare ad una incidenza (sia pure a livello iconografico) dei modi lombardi nell’umiltà domestica dell’Allegoria dell’Inverno. Con questo ciclo il Capella si afferma, nell’area lombarda, tra i più raffinati e personali interpreti del gusto rocaille, per i profili liberamente mossi, i sinuosi andamenti dei panneggi, la stesura ora densa ora ariosa del colore, in cui l’iniziale avvio piazzettesco si decanta dalla tensione retorica per approdare ad una sensibilità nettamente arcadica. Ormai il Capella monopolizza le commissioni bergamasche, laiche ed ecclesiastiche. Nel 1758, sempre per il conte Teodoro Albani (Pinetti 1921; p. 21) il pittore dipinge l’Immacolata di Tagliuno (v. scheda 47), che si riallaccia ai modi chiari delle Sante di Alzano, con un andamento pittorico leggero di chiara ascendenza riccesca. Nello stesso anno il pittore esegue i perduti affreschi della parrocchiale di Urgnano (A. Pinetti 1921, p. 27). Fittissime sono le opere riferibili a questo momento: le tele della chiesa della Natività di Maria ad Oleno (v. schede 59, 60), il S. Giovanni Crisostomo di S. Maria Maggiore a Bergamo, siglato e datato 1760; i dipinti di Bottanuco, datati al 1760; il Battesimo di Cristo e S. Pietro e l’Angelo, di Bonate Sopra; la Madonna che porge lo scapolare al Beato Simone Stock e a Papa Onorio III in S. Maria Assunta a Calcinate; la Crocifissione tra i Santi Valentino e Bonifacio della stessa chiesa; il Crocefisso, e Santi di Carenno; i Quattro Santi di Gorno. A queste tele, che innestano su schemi del Piazzetta desunzioni dal Polazzo, si può accostare la Discesa dello Spirito Santo di Alzano (v. scheda 4), eseguita nel 1760. Agli anni '60 vengono riportate le scene di genere già in casa Mazzocchi a Bergamo, nonché quelle di altra collezione privata, concepite come scene caricaturali, in modi non dissimili da un Bonito (come giudica il Pallucchini) e certo riconducibili al piglio grottesco di simili composizioni dell'Angeli e del Maggiotto. In una serie coerente si collegano il Martirio dei Santi Gervasio e Protasio di Vercurago, le due tele della chiesa della Beata Vergine dello Spasimo a Bergamo, il S. Antonio di Padova col Bambino della Casa del Clero a Bergamo. Il Capella si afferma nell’ambiente bergamasco, dove si è stabilito e ha aperto una frequentata scuola di pittura (P. Locatelli 1879, III, p. 317), con una sua elevata professionalità, la quale, accanto al fiorire delle commissioni, favorisce l’attività della bottega cui affluiscono numerosi allievi, che spesso intervengono nelle opere del maestro. Tale fatto - confermato dalla testimonianza del Tassi che ricorda tra gli allievi del Capella Giovan Battista Dellera, Giuseppe Paganelli, Francesco Cucchi, Giovanni Belloli, Gioacchino Manzoni, Tommaso Frisone, nonché un figlio dello stesso Capella (F.M. Tassi, 1793, II, pp. 139-140) - pare avvertibile già nella serie dei Misteri del Rosario della chiesa di S. Maria Assunta di Cortenuova, in frazione S. Maria del Sasso, databile al 1753. Comunque l’opera del Capella, anche attraverso l’ampia partecipazione della scuola, incide fortemente nel contesto della decorazione settecentesca delle chiese bergamasche, proponendo la divulgazione di moduli fisionomici e schemi iconologici, declinazioni grafiche e intonazioni chiaroscurali. La cultura del Capella, ormai parallela a quella degli antichi compagni della schiera piazzettesca, si apre soprattutto ai suggerimenti di Sebastiano Ricci, presenta analogie, che talora ingenerano scambi, con esiti del Polazzo, relazioni con l’intimismo devoto di un Angeli o i levigati smalti di Giambettino Cignaroli. Nel 1761 si registra il pagamento del Martirio di S. Stefano di Carobbio degli Angeli (L. Vaccher 1968, p. 139), distinto da una felice luminosità paesaggistica, cui si collegano, per evidenti rapporti spaziali, il S. Stefano in atto di ricevere il Martirio in S. Bartolomeo a Bergamo e il Cristo sulla via del Calvario di Chiuduno, documentato del 1761 (A. Pinetti 1931). Nell’agosto dello stesso anno viene esposta nella chiesa della Pietà a Venezia la tela del Capella rappresentante Madonna e Santi (L. Livan 1942, p. 76) che, stando ad una lettera del Tassi al Carrara, non riscosse molto successo, forse perché estranea, nel suo deliberato recupero di modi alla Bencovich e di una struttura neocinquecentesca, al clima accademico ormai invalso a Venezia. Tuttavia il Capella rielabora coerentemente in molte varianti lo schema della pala della Pietà: si vedano la Madonna e Santi del Museo di Boston, la Madonna del Rosario e i santi Domenico e Caterina di Chignolo d'Isola, la Vergine in trono col Bambino e i Santi Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka di Bariano. Documentato al 1762 è Il beato Gregorio Barbarigo della cattedrale di Bergamo, cui si collegano il S. Giovanni Nepomuceno della chiesa di S. Anna, il S. Giovanni Nepomuceno e Gregorio Barbarigo in S. Vigilio a Bergamo. Dello stesso anno sono la Disputa di Gesù nel tempio di Cologno al Serio; dalla complessa intelaiatura architettonica, e la Sacra Famiglia di Lugano (L. Brentani 1933-63 (VII, 1963, p. 218) distinta da un’interpretazione accademica delle soluzioni piazzettesche, la quale offre non casuali consonanze con i modi di Giambettino Cignaroli, presente con ampio numero di opere nel territorio bergamasco. Nel 1766 il Capella sigla e data la tela con S. Agostino e S. Monica in S. Spirito a Bergamo, interessante come supporto cronologico. Un notevole livello espressivo è raggiunto nell’Annunciazione della chiesa di S. Caterina, sempre a Bergamo, in cui si nota una ripresa di stilemi piazzetteschi con un gusto più sottilmente grafico e un denso sbattimento chiaroscurale. Nel medesimo anno 1766 si registrano i quadri del coro della parrocchiale di Cenate Sopra, tra cui la pala con S. Pietro appare a S. Leone, per la quale è ricordato l’interessamento del conte Mario Albani, arcidiacono della cattedrale. Nella tarda attività è, frequente, nella vasta produzione di immagini del Capella, il ricorso a schemi precedenti. Talora i risultati sono assai elevati - come nelle ampie composizioni di Desenzano al Serio dedicate all’Annunciazione e alla Fuga in Egitto - talora più grossolani, specie nei dipinti di piccolo formato in cui non si esclude l’intervento della bottega. Al 1769 si riporta il contratto dell’Abigail placa Davide della basilica di Alzano, che l’artista si impegna a terminare per l’agosto del 1770; dipinto di fresca stesura e dai chiari contrasti timbrici, concepito, come ormai è consueto al Capella, in chiave di blanda sentimentalità. Pagamenti del 1770 permettono di datare le Stazioni della Via Crucis della parrocchiale di Urgnano (A. Pinetti 1931, p. 456), in cui si accentuano il patetismo e l’enfasi tipici di questa estrema fase dell’operosità del Capella. La normalizzazione accademica governa l’articolato assetto spaziale di Gesù scaccia i mercanti dal tempio, della stessa chiesa di Urgnano, composizione che media il recupero di schemi neoveronesiani con inserti tiepoleschi. Tra le opere tarde si annoverano la Circoncisione del Tempio Votivo di Bergamo, la Presentazione al tempio della Vergine e il Transito della Vergine di Vilminore, la Nascita e la Presentazione di Maria di Brembate Sopra. Due date soccorrono nella ricostruzione della tarda attività del Capella: il 1774, riferibile a L 'incontro di Cristo con la Madre di S. Alessandro della Croce a Bergamo, e il 1775, della Madonna del Rosario di Madone, la quale ripete, in un assetto compassato, l’impianto delle precedenti pale della Pietà di Venezia e di Boston. Nelle ultime opere è assai frequente la ripresa di schemi già esperiti: si vedano la Madonna di Suisio e quella di Cornale (v. schede 74, 69), declinate sui paradigmi della Madonna di Venezia e di Boston, con desinenze più sentimentalmente edulcorate. Nel 1784 l’artista muore a Bergamo (F.M. Tassi 1793, 11, p. 140).

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