LUIGI GALIZZI
Ponte S. Pietro (BG), (31/12/1838) - Bergamo (29/3/1902)

CRONOBIOGRAFIA

1838: il 31 dicembre nasce a Ponte S. Pietro da Giovanni Battista e Santa Colleoni, figlia di Luigi Giovanni Colleoni, notaio di Calusco e possidente terriero (Archivio Anagrafe del Comune di Bergamo). Viene battezzato col nome di Angelo Luigi il 2 gennaio 1839 (Ponte S. Pietro, Archivio Parrocchiale).
L’attività del padre, proprietario di un forno a Ponte S. Pietro, e le rendite agrarie materne ci inducono a pensarlo cresciuto in condizioni sufficientemente agiate.

1850: si presenta concorrente all’iscrizione alla Scuola di Pittura dell’Accademia Carrara di Bergamo, che frequenterà fino al 1871 seguendo dapprima i corsi regolari ed usufruendo poi dei quattro anni supplementari concessi agli allievi meritevoli. Questo ventennale alunnato alla scuola di Scuri, il quale nella relazione alla Commissarìa Carrara del 1868 lo giudica "abbastanza commendevole sotto ogni riguardo" (Archivio Accademia Carrara), risulterà decisivo nella vita artistica di Galizzi. Nel corso degli studi all’Accademia ottiene:
1854: medaglia d’oro alla Scuola delle Statue;
1855: medaglia d’argento alla Scuola del Nudo per l’opera dal tema Laocoonte.
1856: medaglia d’argento alla Scuola del Nudo per l’opera dal tema Una figura in atteggiamento di dolore
1857: Menzione onorevole alla Scuola del Colorito: tema Un guerriero del 1500.
1858: accessit per la Scuola del Colorito: tema Fornaretto di Venezia.

1860: presta servizio militare, nonostante l’anno precedente la Deputazione di Ponte S. Pietro avesse chiesto al Comando Militare di Bergamo di esentarlo per permettergli di proseguire gli studi (Accademia Carrara di Bergamo).

1861: presenta il Ritratto di garibaldino, che riscuote il plauso generale presso l’Accademia, ma non viene presentato al pubblico in quanto in quest’anno non si tiene la consueta esposizione.
Nello stesso anno realizza una piccola composizione raffigurante Un episodio del Diluvio.

1862: medaglia d’oro per la Scuola del Colorito con l’opera sul tema Un filosofo a pari merito con Vespasiano Bignami: la medaglia, estratta a sorte, tocca a quest’ultimo.

1864: disegna, insieme ad Antonio Moro, uno dei tre cartelloni satirici realizzati dagli studenti dell’Accademia Carrara in difesa del prof. Scuri, aventi per bersaglio le bordate polemiche di Pasino Locatelli contro l’indirizzo della Scuola di Pittura bergamasca; tradizionalmente questa allegoria caricaturale veniva attribuita allo stesso Scuri (Archivio Scuri – Galizzi, Memoria di Selene Scuri intorno ad una conferenza di Vespasiano Bignami).

1867: partecipa al prestigioso cantiere per la decorazione del nuovo tempio di S. Maria Immacolata delle Grazie in Bergamo, dipingendo le medaglie con l’Annunciazione, Visitazione e angeli che spargono fiori nel transetto destro. Egli è il più giovane tra quel gruppo di artisti (Epis, Bergametti, Carsana, Maironi, Guadagnini) che insieme allo Scuri viene incaricato della realizzazione di quest’opera – manifesto della pittura sacra bergamasca di metà secolo. Intorno a quest’anno va collocato il restauro degli affreschi di G. B. Castello posti nel palazzo della Prefettura dopo lo strappo, eseguito da Antonio Zanchi, nella villa Giovanelli di Gorlago.

1870, 27 ottobre: sposa Selene Scuri, pittrice figlia del suo maestro Enrico e di Caterina Landriani di Soresina, sorella del pittore Carlo Landriani. A questo periodo sembrano appartenere le medaglie nella navata della parrocchiale di Vercurago.

1871: nasce la figlia Abigaille (1871 – 1932, omonima della primogenita di Scuri). Conclusi i corsi all’Accademia Carrara, Galizzi intraprende con slancio la professione pittorica: sono di quest’anno due ritratti per l’avv. Beretta, il ritratto di Paolo Frassoni di Ponte S. Pietro, i quindici Misteri per la chiesa del paese natale (in parziale collaborazione con la moglie Selene e Scuri), gli affreschi, distrutti in un successivo rimaneggiamento dell’edificio, in una cappella della chiesa di Marne, ed i quattro Evangelisti e gli Angeli con oggetti liturgici affrescati nella parrocchiale di Levate, ricordati nel Catalogo dell’Esposizione di Brera del 1871. 

1872: proseguono gli incarichi per decorazioni sacre a fresco, che costituiranno il nucleo fondamentale della sua attività: dipinge due medaglie nella parrocchiale di Curnasco, ed interviene nella chieda di Lodetto vicino a Rovato (Brescia).

1873: nasce il figlio Carlo (1873 – 1933): medico, assessore al comune di Bergamo, fu anche abile disegnatore di ambienti orobici. Luigi Galizzi restaura le decorazioni di Giovanni Brighenti nella parrocchiale di Vilmaggiore, e quelle del Santuario della Madonna dei Campi a Stezzano.
Si ricordano inoltre un affresco nel cimitero di Arcene ed il Ritratto del parroco di Levate.

1874: grande lunetta ad olio per la parrocchiale di Chiari (Brescia), raffigurante S. Luigi Gonzaga che riconcilia il fratello Rodolfo col cugino Vincenzo duca di Mantova, presentata all’Esposizione di pittura dell’Accademia Carrara e ricordata nel catalogo dell’annuale esposizione braidense. Esegue l’affresco sopra la porta maggiore della parrocchiale di Levate, tre medaglie ed una pala d’altare della chiesa di Comun Nuovo, un Ritratto del signor Daminelli di Levate. Decora inoltre i peducci della chiesa di S. Lazzaro in Bergamo, prossima alla sua abitazione di via S. Lazzaro 19, in cui interverrà a più riprese successivamente.

1875: dipinge la seconda grande lunetta per la chiesa di Chiari con S. Luigi Gonzaga che soccorre un appestato a Roma, menzionata nel catalogo dell’esposizione braidense dell’anno successivo insieme alle tempere nella volta dell’oratorio di Calusco con il Redentore in cielo che benedice i fanciulli di ogni epoca e nazione. La grande tela di Chiari verrà presentata nel 1876 all’esposizione di pittura dell’Accademia Carrara.
Affresca il Battesimo di Gesù, S. Simone della Carità, e S. Zenone Vescovo ad Osio Sotto, mentre ad olio esegue due Sacri Cuori ed un S. Giuseppe per Curnasco ed una tela con S. Giuseppe per la parrocchiale di Treviolo.

1876: nasce la figlia Caterina (1876 – 1947). In quest’anno intraprende la decorazione della nuova chiesa dedicata alla Vergine Maria edificata a Calusco su progetto dell’architetto Antonio Preda (già autore del tempio delle Grazie a Bergamo), nel paese d’origine della propria madre, la cui famiglia occupava una posizione di prestigio nella zona.
La realizzazione dell’intero apparato pittorico del monumentale edificio, che lo occupò fino al 1884, costituisce l’opera più impegnativa e di maggior prestigio della carriera del pittore, il quale infatti ne fa specifica menzione nella domanda di partecipazione al concorso per la cattedra di pittura all’Accademia Carrara nel 1884: "…soprattutto prego la Nobile Commissaria di voler accordare la sua attenzione alle mie pitture di Calusco (…) perché ivi ebbi la fortuna di dipingere io solo tutta una chiesa nuova e grandiosa, potendo così collegare in certo modo fra loro le singole medaglie a formare un’opera colossale" (Archivio Accademia Carrara).
Allo stesso anno 1876 risalgono alcuni affreschi nelle chiese di Locate ed Orio, ed una Immacolata ad olio per Redona.

1877: nasce il figlio Enrico (1877 – 1890), e nell’estate Galizzi conquista, con un quadro raffigurante S. Giuseppe, la medaglia d’argento all’Esposizione Vaticana in occasione del Giubileo episcopale di Pio IX, promossa dalla Società della Gioventù Cattolica.
Le fonti ricordano inoltre il restauro degli affreschi del Paganelli nella chiesa di S. Lazzaro a Bergamo per la quale dipinge anche una Immacolata ad olio, due Sacri Cuori per Orio, un piccolo affresco a Tresolzio (Ponte S. Pietro) ed alcune figure su cartone per S. Sepolcro a Calusco.

1878: mentre proseguono i lavori per Calusco dipinge S. Giacomo Maggiore ad olio nel fregio del coro della parrocchiale di Romano Lombardo, i Quattro Dottori della Chiesa nei pennacchi di S. Lazzaro, una grande medaglia ad Orzinuovi, ed a Ponte S. Pietro la Conversione di S. Paolo e la Pesca miracolosa in collaborazione con la moglie Selene.

1879: sono noti un ritratto del parroco di Levate e due quadri sacri per Ghisalba e Stezzano.

1880: nasce il figlio Camillo (1880 – 1962), divenuto poi ingegnere, appassionato pittore di paesaggi delle montagne bergamasche. Galizzi in quest’anno è probabilmente molto assorbito dai lavori di Calusco, e d’altro possiamo ricordare solo un affresco a Comun Nuovo.

1881: all’esposizione annuale dell’Accademia Carrara presenta, come ex allievo, due ritratti eseguiti su commissione. Produce per il fertile mercato chiesastico due Sacri Cuori (Osio Sopra) ed una Madonna su rame (Azzone).
Nella lunetta sulla porta della chiesa di Sudorno dipinge un Angelo.

1882: nasce il figlio Giovanni Battista (1882 – 1963), noto pittore, incisore ed illustratore.
A quest’anno si datano gli affreschi nella cappella di S. Giuseppe della parrocchiale di Gazzaniga, una piccola medaglia con il Battesimo di Gesù a Levate ed il ritratto del signor Bini.

1883: affreschi nelle volte della parrocchiale di Rosciano, medaglia con la Gloria di S. Giacomo a Crema, una Immacolata a olio per il sig. Gallina, una Madonna per Azzano, ed i Ritratti dell’arch. Antonio Preda e del parroco di Curnasco. Collabora con Enrico Scuri al Transito di S. Giuseppe commissionato all’anziano professore per la chiesa di S. Alessandro della Croce a Bergamo, opera che porterà a compimento da solo l’anno successivo, dopo la malattia e la scomparsa del suocero.

1884: morto Scuri, il 4 maggio la Commissarìa dell’Accademia Carrara affida in via provvisoria a Luigi Galizzi l’insegnamento nella Scuola di pittura "…in vista anche che tale incombenza venne dalla S. V. già assunta in occasione della malattia del compianto Prof. Cav. Enrico Scuri" (Archivio Scuri – Galizzi).
Il primo settembre l’incarico gli venne riconfermato per l’anno scolastico 1884-85, in attesa della nomina del nuovo professore (Archivio Scuri – Galizzi, lettere del 9 maggio e del 15 settembre del Presidente della Commissarìa, G. B. Camozzi Vertova, a Luigi Galizzi).
Ed il 24 ottobre Galizzi indirizza alla Commissarìa una dettagliata relazione circa il rendimento degli allievi (Archivio Accademia Carrara, faldone VI, sudd. V. Scuole e personale. Verbali esami e aggiudicazione premi).
Bandito il concorso per la cattedra di Insegnante di Pittura all’Accademia Carrara, vi partecipa presentando S. Luigi Gonzag che soccorre un appestato a Roma realizzato per Chiari, il Bozzetto per gli affreschi della chiesa di Calusco, e la Creazione di Adamo appositamente eseguita (Archivio Accademia Carrara).

1885: dipinge a fresco i Fatti della vita di S. Biagio, ed un S. Giuseppe ad olio nella parrocchiale di Milzano (Brescia), in cui interverrà ancora nel 1886 e nel 1888.

1886: dieci medaglie nelle volte della parrocchiale di Azzano, e nuovi affreschi nella chiesa di Calusco.

1887: sei tele centinate nella chiesa di Longuelo, un quadretto per l’altare di S. Giuseppe e due tende da organo nella parrocchiale di Sorisole, Apparizione del S. Cuore alla Beata La Coque per il canonico Foresti, e ritratto del sig. Aldegani.

1888: esegue un affresco sulla facciata della chiesa di Villongo, il Ritratto dell’avv. G. B. Rossi ed alcuni restauri a Vilmaggiore.

1889: affresca la tazza, i pennacchi e la volta della parrocchiale di Osio Sotto, le tre lesene con Davide, Isaia, e Apparizione del S. Cuore di Gesù nella parrocchiale di Chiari, e dipinge nuovamente nella parrocchiale di Azzano. Si ricordano un Crocifisso su zinco per Vilmaggiore ed un ritratto del canonico Colombelli.

1890: per il Santuario della Madonna dei Campi di Stezzano dipinge un Sacro cuore di Maria e le figure delle donne illustri dell’Antico Testamento ed affresca nella cupola della chiesa del Seminario di Bergamo le figure dei Dottori della Chiesa.

1891: le fonti menzionano un ritratto per il sig. Gaffuri di Soresina, tre tende per Curnasco, una Madonna di Lourdes ad affresco per le salesiane di Alzano, l’affresco con la Gloria di S. Giovanni Battista a Telgate, ed il Crocifisso nell’abside della parrocchiale di Seriate.

1892: prosegue la miriade di interventi ed opere minori in chiese della provincia: tela del Sacro Cuore con la beata La Coque per Comun Nuovo, due tende d’organo ad Almenno S. Salvatore, affreschi nel Santuario della Madonna dei Campi (Le due apparizioni della Vergine a Stezzano, Le quattro virtù cardinali, Quattro Dottori della Chiesa, e l’Addolorata). Esegue inoltre il ritratto del parroco di Ciserano.

1893: dipinge una tenda per Solza, i ritratti del parroco Pizio e del sig. Udeschini di Milzano. Di quest’anno sono le tre medaglie affrescate nella volta della nuova navata della parrocchiale di Verdellino con Fatti della vita di S. Ambrogio.

1894: si ricordano gli affreschi per i frati di Baccanello presso Calusco, quelli nelle volte della parrocchiale di Azzone, ed un Battesimo, sempre ad affresco, per Somasca; inoltre a Vilminore una S. Lucia nella cappella Pesenti nel cimitero di S. Gorgio ed un Crocifisso nella chiesa della SS. Trinità.

1895: medaglie del Crocifisso, dell’Incoronazione e della Natività nella chiesa di Curno, nove medaglie e quattro pennacchi al Almè, ed un quadretto della Sacra Famiglia per Rovetta. Pur non essendo tra i fondatori del Circolo Artistico di Bergamo, la sua adesione al neonato sodalizio bergamasco non dovette tardare.

1896: nella nuova facciata della chiesa di S. Bartolomeo a Bergamo, eretta non senza polemiche in quegli anni dall’ing. G. Cuminetti, dipinge la lunetta sopra il portale con Madonna col Bambino tra S. Domenico e S. Caterina. Affresca le tre medaglie nella volta della parrocchiale a Osio Sopra, quella del Battesimo per la chiesa di Olginate, esegue poi diversi affreschi nella parrocchiale di Vercurago, una Sacra Famiglia a Vilmaggiore ed un S. Girolamo ad olio su zinco per Somasca.

1897: domina nella produzione dell’anno la cupola affrescata della chiesa di S. Lazzaro, che già aveva visto suoi interventi negli anni precedenti. Dipinge inoltre nuovi affreschi a Curno e decora la cappella della Madonna di Pompei a Milzano.

1898: un’Addolorata su zinco per Milzano, S. Zenone ed un Crocifisso per Curnasco, una Madonna del Rosario a fresco in Bergamo alta, oltre ad alcuni interventi di restauro in S. Lazzaro ed alla replica del bozzetto per la lunetta di S. Bartolomeo su commissione dell’ing. Bettinelli.

1899 nuove commissioni dall’area del basso bresciano e zone limitrofe: dopo Chiari e Milzano esegue affreschi nella chiesa di Gottolengo (Il Cristianesimo diffuso dagli Apostoli, gli Evangelisti, Fatti di S. Pietro) e a Gabbioneta (Cremona).
Dipinti anche per Gandellino e Pontida (Salita al Calvario). Partecipa, come molti altri noti artisti bergamaschi, alla decorazione della sala del teatro Donizetti per la Veglia Artistica promossa dal Circolo Artistico di Bergamo, dipingendo insieme a Ponziano Loverini i medaglioni con ritratti di artisti bergamaschi.

1900: pala dei santi Nazario e Celso a Pagazzano, affreschi nella chiesa di Orio e nella cappella attigua alla parrocchiale di Sambusita (S. Michele e le Virtù Cardinali).

1901: dipinge un’Addolorata su zinco destinata alla fontana di Costa dei Garatti, una medaglietta a Brignano, un ritratto del sig. Galli, oltre a restaurare con Valentino Bernardi e Francesco Domenighini gli affreschi secenteschi nell’abside e nel presbiterio della chiesa di S. Siro a Soresina. Per questo stesso edificio predispone alcuni bozzetti della decorazione della navata centrale, che verrà poi realizzata da Giuseppe Piva e Francesco Domenighini. Collabora con Giuseppe Carnelli alla decorazione della volta della parrocchiale di Ranzanico. Al principio di quest’anno, nel contesto di una esposizione del Circolo Artistico, vengono presentati alcuni dei suoi bozzetti ed un ritratto femminile.

1902: il 29 marzo, dopo lunga malattia, muore a Bergamo nella casa di via S. Lazzaro 19, e due giorni dopo è sepolto nel cimitero di S. Maurizio.

1916: nell’ambito dell’esposizione organizzata dal Circolo Artistico di Bergamo a beneficio della Mobilitazione Civile e della Croce Rossa, tenutasi in agosto e settembre, la sezione d’arte retrospettiva presenta di Luigi Galizzi: Cartone per la cupola di Calusco d’Adda, Annunciazione (cartone), Ritratto di donna, Guerriero, Testa di vecchia, S. Giovanni, tutte opere provenienti dalla famiglia del pittore.

1921: alla mostra d’arte delle opere dei soci del Circolo Artistico per il 25° della fondazione vengono esposti Ritratto di Garibaldino, S. Giovannino dormiente, Ritratto di Guerriero.

LA CRITICA
Quando Luigi Galizzi nel 1850 entrò dodicenne nella scuola dell'Accademia Carrara di Bergamo Scuri, già da dieci anni professore di pittura governava con sicurezza gli orientamenti artistici dell'istituzione bergamasca senza avvertire insidie alla sua linea di condotta basata sull'esemplare dedizione alla scuola e sull'attenzione alle istintive doti degli allievi all'interno di un saldo ma non miope impianto accademico. Per questo ragazzo giunto da un paese della provincia, l'incontro con il maestro dovette essere molto di più che l'impatto con una autorità indiscussa o con un ottimo insegnante, ma un'esperienza totale e straordinaria, tale da dare forma a tutto il suo destino, umano e professionale. La gestazione dell'artista nel seno dell'Accademia Carrara fu cosa lunga, ventennale, e Galizzi ne sortì già completamente formato nella'adesione alle scelte del maestro, nonché dal 1870 suocero. Scorrendo il suo curriculum degli anni di scuola emerge, evidenziato dai premi, l'ottimo profitto dell'allievo, ed i cenni a lui riservati dal professore nelle periodiche relazioni sull'andamento della scuola alla nobile Commissarìa ne ribadiscono la soddisfazione e la stima; ma a ben vedere mostrano quasi di anteporgli per genio e capacità ad esempio lo sfortunato Moro od il Pezzotta, anche se riprovevolmente tentati questi, dai"traviamenti dalla così detta scuola dell'avvenire". La sensazione insomma è che Scuri trovasse in Luigi Galizzi, se non il più brillante, certamente il più ligio dei discepoli di buon livello, il più convinto nella difesa ad oltranza del proprio indirizzo d'artista e di insegnante di pittura proprio in quel giro d'anni in cui la nuova tempesta culturale ed artistica andava scuotendo, nella penisola politicamente riunita, i pilastri del romanticismo accademico. Di questi anni in Carrara ci rimane del Galizzi di un'eloquente prova, il Ritratto di garibaldino, saggio per la Scuola del Colorito dell'anno 1861. Spicca nel dipinto la nota squillante dell’uniforme dell'ufficiale (per l'occasione si prestò a modello l'allievo Francesco Gatti ), intorno alla quale si dispongono ordinatamente i toni delle carni, degli accessori, dello sfondo convenzionalmente neutro. L'opera del ventiduenne pittore, da pochi mesi reduce dal servizio militare, mostra sapienza di importazione, scioltezza nel graduare il gioco delle luci, ma non sembra affrontare l'osservazione oltre lo stereotipo della figura in uniforme, non si carica degli echi che in quell'anno la divisa garibaldina poteva evocare. È un quadro storico, vien da dire, un guerriero di cui si analizza con puntiglio di documentazione l'aspetto fiero e la ricca veste, ma soltanto un guerriero come quello cinquecentesco con cui Galizzi aveva meritato la menzione onorevole alla Scuola del Colorito nel 1857.
Ogni sentimento legato all'attualità risorgimentale appena bandito, in sintonia con l'atteggiamento tenuto da Scuri negli anni precedenti. Ben più forte attaccamento, ma qui alla propria scuola ed al proprio maestro, dimostrò nel 1864, in pieno infuriare della polemica di Pasino Locatelli contro l'indirizzo imposto dallo Scuri all'Accademia Carrara, disegnando con l'amico Antonio Moro il cartello satirico con che venne affisso su un muro di Bergamo alta; gustosissima immagine questa, strale insieme ironico e concentrato contro il critico responsabile di"lesa Accademia", che dovette compiacere non poco il maestro, il quale infatti ne trasse presto una copia da conservare. Tanto fedele attaccamento alla Scuri fu presto ripagato: intorno al 1867, ancora iscritto alla Carrara, Galizzi entra a far parte della scelta cerchia d'artisti incaricati di decorare la nuova chiesa di S. Maria Immacolata delle Grazie a Bergamo, tra tutti loro il più giovane di un buon decennio. Lo scarto anagrafico si avverte nelle tre medaglie dipinte nel transetto destro confrontandole con quelle, pesanti e macchinose, di Francesco Bergametti nella volta del presbiterio:"Luigi Galizzi ha trasfuso una dolce e mistica poesia dell'affetto nell'Annunciazione e nella Visitazione delle medaglie laterali, rese con tono leggero e con trasparenza di colore, e sono rappresentati, con lo stesso tono di grazia, degli angeli che spargono fiori in quello centrale". (P. Pesenti 1939).
è inoltre significativo il fatto che questo primo incarico professionale riguardi dipinti a fresco per un edificio sacro, un'attività destinata a divenire la vera specializzazione del pittore, e che ciò avvenga nel contesto di un'impresa artistica programmaticamente destinata a ribadire le linee portanti ed i limiti dell'arte sacra bergamasca di quei decenni. Conclusi gli studi all'Accademia Carrara Galizzi trovò presto ampi spazi di attività presso la committenza ecclesiastica provinciale, aiutato probabilmente dallo Scuri che ben conosceva ambiente ed era spesso incaricato del"collaudo"di opere di allievi dell'Accademia. Tra le opere di questo periodo si ricordano a titolo d'esempio le medaglie nel volta della chiesa di Comun Nuovo, in una delle quali replica senza apprezzabili variazioni la Visitazione dipinta nella chiesa delle Grazie, la serie di pannelli illustranti i Quindici Misteri per Ponte S. Pietro, fortemente ancorati al lessico scuriano, mentre per la parrocchiale di Levate dipinse nella volta le figure degli Evangelisti con angeli in cui la castità della gamma cromatica denota ancora una qualche incertezza di indirizzo. Trascorsi pochi anni il pittore ebbe una nuova impegnativa occasione per sfoggiare la propria interpretazione della pittura storico-religiosa con le due grandi lunette ad olio per la parrocchiale di Chiari raffiguranti S. Luigi Gonzaga che riconcilia il fratello Rodolfo col cugino Vincenzo duca di Mantova e S. Luigi Gonzaga che soccorre un appestato a Roma, segnalate nei cataloghi delle esposizioni di Brera dal Caimi (amico di Scuri, fu in frequente contatto con Galizzi e con la moglie Selene Scuri in quanto compilatore degli opuscoli braidensi, come testimoniano le lettere conservate nell'Archivio Scuri - Galizzi di Bergamo).
In ambedue le opere l'artista si mostra sicuro conoscitore della pittura ad olio (e si intende qui correggere l'interpretazione che lo vuole ottimo affreschista, ma meno provetto nelle altre tecniche) e straordinario colorista. Il tema iconografico gli offre la possibilità di mettere in scena il repertorio della pittura di storia ed in questo mostra di prediligere una misura piana nel racconto, pronta ad accostare al tema principale elementi aneddotici che stemperano l'enfasi dell'episodio a favore di un più pacato patetismo. Proprio un simile approccio suscitò la critica dall'anonimo articolista de "L’Orobia" (1876), il quale così giudica la lunetta con l'appestato:"le singole figure vi sono magnificamente disegnate; alcune, la fanciulla tra l'altre, molto espressive; benissimo dipinte poi, come sa farlo Galizzi - ma l'idea che la semplice lettura del titolo fa nascere in chi lo guarda manca assolutamente. Ci pare che pervenire ascritta a merito di un santo un'opera come l'annunciata, egli abbia dovuto compierla in circostanze e condizioni assolutamente fuori dall'ordinario; e queste circostanze e condizioni che determinano la importanza ed il merito dell'azione compiuta, non andavano sottintese o lasciate alla storia, andavano messe nel quadro. – Qui di peste non abbiamo che le due figure di monatti nel fondo, abbastanza staccato; il resto della cena si passa come ordinarissima visita di soccorso ad un moribondo qualunque. Non avvi nulla di quell'abbandono, di quella desolazione, di quell'orrore, che accompagnavano sempre il flagello, aumentandone la spaventosa terribilità; manca insomma il colore locale, e quella verità dell'assieme che da' la chiave del soggetto senza leggere il titolo del quadro". La descrizione degli ambienti, la sala di una reggia rinascimentale e la camerata di un ospedale improvvisato in un palazzo, sono documentati con il rigore che si conviene, ma ciò che sorprende è l'insistenza, non più ripetuta, dell'indagare con primo gli eletti di luce sui diversi materiali e sui tessuti, con brani di virtuosismo e qualche ammiccamento verista. L'anno successivo all'esecuzione della seconda lunetta per Chiari Galizzi ricevette l’incarico più importante della carriera: la realizzazione dell'intera decorazione storica nella nuova chiesa di Calusco d'Adda. Lavoro decennale, motivo di legittimo orgoglio ("...ebbi la fortuna di dipingere io solo tutta una chiesa nuova e grandiosa, potendo così collegare in certo modo tra loro le singole medaglie a formare un'opera colossale".), raccolse vasti consensi e contribuì in modo determinante a convogliare su di lui le richieste della committenza religiosa per opere di decorazione a fresco.
Domina l'insieme una grande concavità della cupola suddivisa in otto scomparti dedicati ad Episodi della vita della Vergine Maria, uno spazio enorme che sicuramente dovette sembrare ideale al pittore per cimentarsi nell'emulazione dell'impresa di Scuri all'Incoronata di Lodi. L'opera ci appare davvero ben condotta per l'armonica orchestrazione coloristica e la sapiente strutturazione compositiva incentrata su due registri, terreno e celeste, che si raccordano di medaglia in medaglia dando continuità e respiro all'insieme. Qui Galizzi mostra poi di avere ormai messo a punto la propria personale versione pittorica della storia sacra e delle verità di fede, prossima ai modi della poetica purista, accostando uomini ed esseri trascendenti e bagnandoli in una stessa luce chiara, morbida, di sognante visione.
Ciò che la critica parve apprezzare maggiormente fu comunque la riproposizione della scala monumentale:"Ora che l'abuso fatto dei soggetti minuscoli in più quadrettini ha, per benefica reazione, risvegliato il desiderio del grandioso, più consono all'antico carattere dell'arte nazionale, fa bene vedere un artista non spaventarsi della vastità degli spazi (i quattro maggiori comparti della cupola non hanno meno di 70 metri di superficie), ne delle altre difficoltà inerenti ad un lavoro si colossale."("La Perseveranza", 1884).
A questo punto l’attività di Luigi Galizzi è largamente indirizzata sui soliti binari della proporzione di affreschi per le chiese della provincia bergamasca e di quelle limitrofe: si susseguono in rapida successione interventi a Locate, Orio, Romano Lombardo, Orzinuovi, Ponte S. Pietro, Gazzaniga, Chiari, ed innumerevoli altri condurrà a termine prima della scomparsa nel 1902.
Ma nessuno di questi avrà il rilievo del grande ciclo di Calusco: si tratta per la maggior parte dei casi di decorazioni per medaglie, pennacchi, elementi architettonici rinnovati grazie all’attivismo dei parroci e al fervente contributo delle popolazioni che contraddistinguono questo periodo.
Proprio mentre gli indirizzi artistici, anche in terra bergamasca, andavano divergendo da quegli ideali che avevano improntato tutta la sua formazione, e da cui riteniamo non avrebbe saputo allontanarsi alla ricerca di un aggiornamento a lui non consono, il nostro pittore ebbe la fortuna di incontrare un mercato dalle solide basi economiche ed assai timoroso in fatto di rinnovamenti nell'arte, al cui servizio mettere la propria indiscutibile, ed in quegli anni ineguagliabile, abilità di tecnico dell'affresco insieme ad una cultura artistica che, uscita dalla fioritura cattolica della Restaurazione, si prestava perfettamente ad essere interprete dei nuovi messaggi dell'ideologia religiosa. Ma sotto l’influenza di tali circostanze la sua produzione pare a volte cristallizzarsi si nella fissità e nell'automatismo dell’oleografia da catechismo, soltanto in parte stemperata dalla sapienza del mestiere. A queste caratteristiche è da connettere la numerosa serie di opere devozionali dedicate agli motivi più cari in quei decenni alla pietà popolare e maggiormente promossi dall'ortodossia cattolica, come le immagini dell’Immacolata e dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. Sembra inoltre di intravedere, nei molti interventi eseguiti in chiese del XVIII secolo, una sorta di adeguamento ambientale, il recupero di moduli settecenteschi di quella gloriosa tradizione tanto cara alla provincia bergamasca. Dalle fonti è inoltre attestata la produzione di una discreta quantità di ritratti, commissionati principalmente dalla media borghesia locale e dai parroci collegati agli incarichi delle opere d'arte sacra. Su tali opere è difficile pronunciarsi per lo scarsissimo numero di dipinti oggi identificati; tra questi un Autoritratto che lo raffigura intorno all'età di 50 anni (coll. privata) dimostra una buona adesione alla fisionomia e all’indole del personaggio, accompagnata da una maniera pittorica sicura e puntuale, certamente idonea a ritrarre coloro che ambivano a tramandare di sé una immagine né retorica né inquietante. Nel 1884 si presentò una circostanza che avrebbe potuto mutare totalmente il corso della attività di Galizzi. La morte di Scuri aveva aperto per l'Accademia Carrara il non semplice problema della scelta del successore alla cattedra di pittura, e venne bandito un concorso nazionale al quale parteciparono Cesare Tallone, Giovanni Bagioli, Luigi Sabatini, Ignazio Affanni, Noè Bordignon, Gaetano Previati, Giuliano Zasso, Giuseppe Tango, Cirillo Manicardi, oltre ai quattro"carrariani"Pezzotta, Bignami, Loverini e Galizzi.
Nel frattempo a quest'ultimo fu affidato il compito di supplente, cui era già stato designato dallo Scuri nel periodo della malattia come ad indicare in lui il proprio candidato, secondo la prassi seguita da Diotti.
Non ci pare possa esistere dubbio circa il fatto che nelle intenzioni del maestro la successione dovesse essere a favore del genero, che aveva voluto al proprio fianco nell'ultima fatica per il Transito di S. Giuseppe, ma l'atmosfera in Accademia Carrara stava cambiando, le polemiche sulla sua gestione dovevano pur avere lanciato qualche traccia, e furono prontamente raccolte rinfocolate nella città al momento del concorso, come vedremo tra breve. Del citato Transito di Si Giuseppe per la chiesa di S. Alessandro della Croce è verosimile far risalire allo Scuri l’impianto compositivo, prossimo infatti ad altre sue opere di analogo soggetto, la figura giacente ed il gruppo in primo piano a sinistra caratterizzato da una marcata ricerca di effetti luministici, mentre i personaggi sulla destra e lo sfondo d'architettura mostrano chiaramente di appartenere alla corretta ma assai meno enfatica maniera del genero.
Luigi Galizzi dunque partecipò al concorso, dipingendo per l’occasione il grande quadro della Creazione di Adamo, cui affiancò la lunettà con San Luigi Gonzaga che soccorre un appestato a Roma ed un bozzetto degli affreschi per la chiesa di Calusco.
Nella domanda di ammissione indirizzata alla Commissarìa, in cui traspare dietro all'abituale deferenza una eloquente aria di famiglia, il pittore riassume il proprio pensiero in merito all'insegnamento artistico:"Io sono convinto che per fare il maestro basta (ma questo è poi indispensabile) esattamente conoscere della pittura ciò che nella lingua si dice grammatica, ed avere la costante pazienza di insegnarla agli analfabeti che incominciano lo studio. I principi elementari sono imprescindibili, e dagli stessi può sorgere tanto un Raffaello che un Rembrandt, tanto un Appiani che un Michetti, sempre che a Dio piaccia di far nascere un Genio. [...] La frequenza ed universalità delle esposizioni, a cui concorrono tante diverse maniere, gareggiando direi così a cercare il voto della maggioranza, apre ai giorni nostri una specie di scuola complementare. A questa deve necessariamente accedere il giovane cultore dell'arte, quando abbia imparato il disegno, copiato qualche buon quadro antico e fatta una prova quanto può essere quella del concorso biennale della nostra Accademia. Ivi prendere notizie dell'arte vivente, e, sempre col vero, fonte inesauribile, innanzi agli occhi, accordandosi più o meno secondo l'inclinazione sua propria alla nota dominante procederà da se. A questa conclusione, che riduce l'Accademia ad una scuola elementare (o poco più) convengono ormai giovani e vecchi. Il defunto mio Maestro ne era pur persuaso; e tanto più quanto maggiormente inculcava ai giovani lo studio di quella benedetta grammatica. Li avrebbe voluti robusti e sicuri nei principi appunto perché potessero a tempo debito giudicare e scegliere di moto proprio, godere insomma di una libertà vera e non illusoria".(Archivio Accademia Carrara).
Queste dichiarazioni invitano a molte considerazioni che per esigenza di brevità dovremo qui tralasciare; certo questa conversazione di Galizzi, di cui non si vuol discutere la sincerità, appare oggettivamente calibrata in modo da attenuare al massimo il ricordo di 40 anni di impero scuriano, per permettergli di presentarsi si come continuatore, ma al livello modesto e neutrale di"maestro elementare,"e non di custode della tradizione. Sull'esito del concorso, che come è noto divide prevalere Cesare Tallone, forse influì anche la modesta qualità dell'opera appositamente prodotta da Galizzi, la Creazione di Adamo; dei limiti del quadro l'artista era conscio dato che con la Commissarìa Carrara si giustificò adducendo a motivo dei difetti il proprio cattivo stato di salute in quei mesi di epidemia di colera, soggiungendo però"... qui non si tratta di scegliere un quadro, ma un artista, e non già per commettergli lavori propri, ma per affidargli l'istruzione di giovani studenti".
L’opera venne comunque ottimamente valutata dal corrispondente locale del giornale milanese "La Perseveranza" (17 febbraio 1885), che si firma Y: "Fra tutti i concorrenti direi che il Galizzi fu il più ardito, obbligandosi ad un soggetto quasi ideale, e per conseguenza imponendosi dei vincoli difficili, mentre si privava dell’agevolezza di copiare un modello tale e quale, può offrirlo la nostra stracca natura. Ma quanti modelli avrà dovuto esaminare l’artista prima di tentare la figura dell’uomo tipo, uscito appena dalle mani di Dio? Trionfò poi egli dei non evitati ostacoli riguardo al disegno? Direi di si. Le proporzioni dell’Adamo non lasciano da questo lato a desiderare; le forme sono robuste ed eleganti insieme, nel mentre che il primo sentimento di sorpresa e di affetto che nasce in quella statua appenda divenuta carne sotto lo sguardo vivificante del Creatore, parmi mirabilmente espresso. Maestosa è pure la figura di Dio, poetico e ben arieggiato in fondo". Tanta condiscendenza verso questa prova di certo non entusiasmante può essere sospetta, e tale dovette sembrare a Giovanni Morelli il quale, scrivendo da Milano al presidente della Commissarìa Camozzi Vertova il 1 febbraio 1885 per fornire informazioni su Tallone, osservava: "L’articolo nella Perseveranza sulle opere dei concorrenti esposte in codeste sale dell’Accademia mi aveva tutta l’aria d’essere scritto da chi protegge il Galizzi". (Archivio Accademia Carrara, fald. VI, sudd. I. Scuole e personale. Professori di pittura. Fascicolo Tallone).
A chi voleva riferirsi l’insigne studioso? In quelle settimane infuriava una violenta polemica sulle colonne della "Gazzatta Provinciale di Bergamo" tra il critico del giornale, Pasino Locatelli, ed un certo sig. P. a proposito del concorso, dei concorrenti, e dell’insegnamento di Enrico Scuri.
P. attaccava con ferocia i concorrenti provenienti dall’Accademia Carrara distrutti a suo dire dalla nefasta scuola e sceglieva Tallone come proprio campione, mentre Locatelli, proprio lui che vent’anni prima non aveva esitato in ben più difficile clima a lanciarsi nella battaglia per il rinnovamento degli indirizzi artistici bergamaschi, scendeva in campo difendendo il nemico d’un tempo ed i suoi discepoli. Può essere azzardato identificare Y. con Pasino Locatelli: è però certo che questi non appariva contrario ad una scelta interna all’Accademia, per la quale, e lo conferma l’annotazione di Morelli, Luigi Galizzi doveva essere in prima fila. La vicenda del concorso si chiuse dunque con una scelta rinnovamento che, al di là di ogni delusione personale, sottolineava la distanza ormai enorme tra i nuovi orientamenti della pittura e le convinzioni personali dell’artista bergamasco.
Questi tornò allora ad immergersi nel tranquillo grembo della tradizione d’arte sacra locale che perdurava nell’ostinato ostracismo verso le novità, ancora sospette di contaminazioni legate all’ascendente laico e positivista del realismo.
Si moltiplicarono allora gli interventi ad affresco nelle chiese e le opere minori: piccoli quadri devozionali, tende per organo, il tutto nella sempre maggior distrazione della critica che andava scoprendo in Giuseppe Riva, e soprattutto in Ponziano Loverini, le figure emergenti nel campo dell’arte sacra. Spiccano per gli echi settecenteschi le medaglie con Fatti della vita di S. Biagio di Milzano e quelle di Verdellino, mentre le due lesene raffiguranti Davide e Isaia dipinte nella parrocchiale di Chiari mostrano un accentuarsi della tendenza a risolvere fatti e personaggi biblici in chiave favolistica, nel vago esotismo degli elementi di ambientazione immersi in un’atmosfera di sogno carica di mistica luce rosata.
Nel 1896 venne chiamato a decorare la lunetta del portale della nuova facciata della chiesa di S. Bartolomeo a Bergamo, un incarico di modesto impegno ma di sicuro prestigio considerando la centralità dell’intervento, sull’asse principale luogo di passaggio dei bergamaschi a ridosso della Fiera.
L’opera però, tiepidamente accolta dalla critica del tempo, ci pare, sostanzialmente, in sintonia con l’architettura della facciata, un eclettico centone di citazioni antiche di diversa provenienza, accompagnate dal consueto affollarsi di esseri alati che rendono piuttosto leziosa la composizione incentrata sulla ben disegnata figura di S. Domenico.
È di qualità decisamente più alta l’ultimo suo intervento in Bergamo: la decorazione della cupola della chiesa di S. Lazzaro con l’Apparizione della Trinità al Santo eponimo ed altri gruppi di Santi: in essa non solo la composizione delle figure ottimamente scorciate si sviluppa con armonia sullo sfondo di cielo e nubi, ma anche il richiamo della grande tradizione italiana cinque-seiecntesca non pecca di freddezza ed artifizio.
Nel 1902 la morte interruppe la serena attività di quest’artista che aveva condotto con convinzione fino nel nuovo secolo l’eredità di una scuola spentasi da decenni.
Così alla scomparsa lo ricordava sulle colonne dei quotidiani cittadini Gian Giorgio Marchesi, antico compagno di corsi all’Accademia Carrara: "Disegnatore elegante e corretto, coloritore smagliante, si acquistò presto buon nome in città e fuori, specialmente come affreschista. Non v’è paese, si può dire, della nostra provincia e delle vicine, che non possegga ormai nella sua chiesa qualche dipinto di lui, tanto l’opera sua fu cercata, tanto laboriosa per tutta la vita". E poche settimane dopo Elia Fornoni ne riassumeva le doti scrivendo: "seguace fedele del maestro Enrico Scuri, non si scostò che pochissimo dai rigidi precetti di quella maniera, […] e ne fu uno dei più validi continuatori. […] Di fantasia meno fervida di quella dello Scuri, fors’anche meno ricercatore della forma, fu però corretto compositore e, vorrei aggiungere, miglior coloritore, moderando quegli sbattimenti e quei riflessi che caratterizzano le opere del maestro. […] Più freddo e più posato, seppe trovare nelle sue composizioni quella nota di sentimento e di quiete che si ricercano specialmente nelle opere di argomento sacro al qual genere si dedicò in modo quasi esclusivo. […] La sua scomparsa addolorò quanti lo conobbero e quanti dell’arte non fanno partiti, ma l’onorano nella purezza delle sue più svariate manifestazioni". Il nuovo secolo però si scordò presto di quest’artista che visse appartato, troppo indaffarato a faticare sui ponteggi delle chiese per cogliere i fermenti della pittura lombarda che andavano maturando in quelle stesse sale delle mostre cui avrebbe voluto indirizzare gli allievi dell’Accademia Carrara, e da quella ribalta affermare il proprio nome nella memoria dei posteri.

FONTI DOCUMENTARIE

1837-47 Registro dei Battesimi, [1839, 2 gennaio], Ponte S. Pietro, Archivio parrocchia dei SS. Pietro e Paolo.
1838 Registro dei nati, Bergamo, Archivio Anagrafe del Comune.

Bergamo, Archivio Accademia Carrara:
1850-51/1871-72 Liste degli allievi;
1850-80 Sudd. VI. Oggetti diversi relativi a scuole, alunni ed opere;
1880-81/1909-10 Sudd. VI. Scuole e personale. Atti diversi relativi alle scuole;
1884 Scuole e personale, concorsi per direttore, cartella Galizzi (lettera 27 dicembre), faldone VI, sudd. I;
1884 Lettera della Commissarìa dell’Accademia Carrara (4 maggio) a Luigi Galizzi (Archivio Scuri-Galizzi e lettera del presidente della Commissarìa, G. B. Camozzi-Vertova (9 maggio), Bergamo, Archivio Scuri-Galizzi;
1884 Verbali di seduta della Commissarìa.

BIBLIOGRAFIA
Si è ritenuto di omettere le numerose pubblicazioni a carattere locale facenti cenno ad opere di Luigi Galizzi, senza peraltro offrire appigli critici o cronologici.

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