RIPROPOSIZIONE DI PRATICHE MANUTENTIVE NEL RISARCIMENTO degli intonaci settecenteschi della parrocchiale di Vilminore Val di Scalve (BG)

Attilio Cristini*, Giordano Cavagnini**

*Studio Arch. Cristini

**Astarte-Conservazione e restauro Snc

Abstract: This paper describes the conservative intervention on external plasters of Vilminore church. The study focuses first the problem given by the missing areas of the plasters and than the one created by the several stratifications and remakings carried out during the centuries. The authors analyse the reasons of the choice for the complete filling of the missing areas still existing and than examine the choice of the chromatic tone for the old remakings. Finally there are described the organisation of the restoration site and the method of intervention carried out.

Key-words: Vilminore, Seventeen-century, missing areas, recovery and consolidation

La chiesa di Vilminore si presenta con un volume di grande consistenza: la scalinata e la facciata principale, i contrafforti, il volume dell'abside e, più bassi, i volumi della sacrestia e di una piccola cappella.

Il volume, con l'eccezione della facciata della chiesa e di parti della sacrestia, è fortemente caratterizzato dalla consistente grana dell'intonaco settecentesco, intonaco originale dell'edificio.

La percezione del manufatto nelle sue articolazioni volumetriche appare imprescindibilmente legata all'aspetto materico dell'intonaco, che rafforza il carattere monumentale dell'insieme architettonico.  

Lo stato di fatto

L’apparente aspetto povero e parzialmente alterato degli intonaci della chiesa non deve essere frainteso come sintomo di degrado. Questi intonaci, in realtà, sono ben conservati, tenaci e compatti. Dopo oltre tre secoli di esposizione agli agenti atmosferici, nelle zone sottosquadro sono ancora ben conservate le finiture originali; in alcune zone sono ben visibili i segni di finitura a pennello, tracce lasciate durante l'operazione eseguita per uniformare e lisciare l’intonaco. Le zone consunte o corrose hanno subito solo la riduzione di un piccolo strato di materiale. Lo scurimento localizzato è stato causato da un processo combinato di sedimentazione di particellato atmosferico e dalla presenza di biodeteriogeni. Le fessurazioni e le fratture (l’aspetto diffuso di craquelure) sono costitutive, causate cioè dall’applicazione nella fase esecutiva di uno strato corposo di malta. I distacchi ed i sollevamenti rilevati, considerato che il supporto murario è in pietrame, erano di lieve entità, salvo alcune zone localizzate in cui risultavano più gravi (disgregazione e polverizzazione) a causa della combinazione con altri processi di degrado prodotti da infiltrazioni d’acqua.

I fenomeni di degrado più gravi erano legati da un lato alle infiltrazioni e al dilavamento per percolazione dall'alto di acque meteoriche in zone ben localizzate delle superfici laterali, e dall'altro a fenomeni combinati di umidità di risalita e di corrosione della parte bassa delle pareti, da terra fino a circa un metro e mezzo.

Le lacune, in generale, erano localizzate e di piccole e medie dimensioni, mentre quelle più ampie erano circoscritte alle volute dei contrafforti e alla parte bassa delle pareti. Nel corso del tempo gli intonaci dei due lati e dell’abside della chiesa hanno subito interventi localizzati di reintegrazione delle lacune: accanto all'intonaco originale a base di calce, con uno strato di arriccio e uno di finitura, troviamo quelli sempre a base di calce ma con granulometria, rapporto e qualità diversi di inerte-legante, presumibilmente applicati nella prima metà dell’Ottocento in occasione del riordino dello spazio circostante la chiesa a seguito della nuova collocazione del cimitero e, infine, quelli cementizi applicati nel corso del Novecento.

La fase conoscitiva dello stato di fatto degli intonaci è stata condotta predisponendo innanzitutto un rilievo fotogrammetrico dell'edificio con la relativa documentazione fotografica, sulla base dei quali è stata rappresentata, attraverso una constatazione visiva sul campo, la mappatura dello stato di conservazione. La mappatura è stata eseguita attraverso un'osservazione visiva da terra senza l'ausilio di mezzi di elevazione.

Il processo di degrado generale sopra descritto aveva prodotto marcate alterazioni cromatiche: in particolare le zone delle volute e dei contrafforti, le più esposte al dilavamento, erano completamente alterate da una chiazzatura nerastra (foto n.1).

Le stesse stratificazioni delle reintegrazioni susseguitesi nel corso del tempo non erano distinguibili, perché alterate da uno strato di sedimento che appiattiva le ampie zone con diversi rifacimenti in uniformi riquadri scuri, che si sarebbero rivelate, durante la pulitura, nella loro reale caratterizzazione e diversità.

Contemporaneamente allo studio dello stato di fatto è stata avviata una ricerca presso l'archivio della parrocchia, che ha fornito preziose informazioni sui tempi e i modi di costruzione della chiesa.

La periodizzazione nota delle sue vicende costruttive (iniziata nel 1694, dedicata al culto nel 1702 ed arricchita di ornamentazione nel 1711) è stata arricchita con nuove informazioni documentali sull’organizzazione dell’attività del cantiere settecentesco, sui materiali utilizzati e sulle maestranze impiegate.

Sono state analizzate inoltre le caratteristiche chimico-fisiche degli intonaci e la loro composizione (il rapporto inerte-legante, la granulometria degli inerti).

Il progetto conservativo della chiesa di Vilminore, di cui in questa sede illustriamo solo la parte relativa al problema delle lacune degli intonaci, è stato finalizzato a salvaguardare la possibilità di percezione del trascorrere del tempo in questo edificio.

Le scelte operative1

L'intervento previsto a seguito dell'indagine conoscitiva dello stato di fatto (stato di conservazione e vicende conservative note) era il seguente:

L'attivazione del cantiere: nuovi dati di conoscenza

Nonostante l'accurata indagine conoscitiva che ha preceduto l'intervento, durante la fase di pulitura è emersa una configurazione inaspettata della stratificazione degli intonaci e delle reintegrazioni eseguite nel corso del tempo. Soprattutto sul lato sinistro della chiesa la stratificazione delle reintegrazioni storiche delle lacune si è rivelata più complessa del previsto: sotto l'apparente unico livello di reintegrazione delle lacune erano occultate almeno tre diverse reintegrazioni realizzate in epoche diverse e con malte differenti, che sovrapponendosi parzialmente l'una con l'altra formavano un'ampia zona, come se fosse la reintegrazione di un'unica grande lacuna (foto della Tav. n.2). Altre reintegrazioni di lacune ben leggibili su entrambe le pareti laterali anche prima dell'intervento, si sono rivelate in tutto il loro contrasto cromatico a seguito della pulitura: sono le tracce di tre tamponamenti di lacune che delineano chiaramente i contorni di strutture architettoniche rimosse.

Tali reintegrazioni, presumibilmente ottocentesche, sono state eseguite con cura e circoscritte alle lacune prodotte dall'intervento di rimozione di elementi architettonici, senza debordare sull'intonaco originale.

L'opera di reintegrazione delle lacune di questo edificio dunque è stata una pratica costante nel tempo, limitata alle zone che di volta in volta subivano un processo di degrado o di modifica dell'architettura. Un modo di prendersi cura dell'edificio, una pratica di manutenzione, adottata almeno fino alla fine del secolo scorso, consistente in piccole operazioni di risarcimento delle lacune. La pratica manutentiva localizzata è proseguita anche nel corso del Novecento, ma con minor cura e precisione degli interventi precedenti e utilizzando materiale cementizio.

Con il nostro intervento abbiamo cercato di rinnovare la pratica manutentiva dei piccoli interventi localizzati. Nell'ambito di un intervento conservativo, del resto, non era pensabile una pratica diversa. Escludendo la demolizione e il rifacimento degli intonaci le lacune circoscritte e delimitate non potevano che essere risarcite, semplicemente, con malte simili per composizione (rapporto inerte-legante e granulometria) e cromia a quelle circostanti le lacune. Il dilemma se risarcirle o meno non si poneva, considerato che le zone lacunose erano chiaramente causa di degrado per l'intonaco circostante e per la muratura.

Il vero problema di questo intervento non è stato se e come risarcire le lacune esistenti, ma come raccordare i risarcimenti da eseguire con la stratificazione delle reintegrazioni eseguite nel corso del tempo, in particolare con quelle sulla parete sinistra.

Rattoppi stratificati e percezione dell'architettura

La grande reintegrazione storica sulla parete sinistra che appariva come il risarcimento di un'unica grande lacuna, ma che dopo la pulitura emergeva in tutta la sua diversificata composizione di materiali, ha suscitato non pochi contrasti e riflessioni nella comunità di Vilminore.

Occorre ricordare innanzitutto che come prassi diffusa molti intonaci delle chiese della valle sono stati demoliti, rifatti e tinteggiati secondo il gusto contemporaneo. Pur non senza contrasti invece a Vilminore è prevalsa la scelta progettuale di conservare la finitura storica della chiesa, ossia la scelta di conservare gli intonaci esistenti, anche se sporchi e pieni di "buchi" e di "toppe", apparentemente ormai senza alcuna armonia.

Il risultato di un intervento conservativo che rispettando l'esistente riuscisse ad armonizzarsi con esso, non era scontato e rimaneva una preoccupazione per tutti. Restava un'incognita soprattutto quella sorta di "muraglia" formata dai rappezzi storici cosi diversi dal resto dell'intonaco originale sul lato sinistro della chiesa, per il quale non si riusciva a vedere una valida alternativa al completo rifacimento dell'intonaco. Perché lasciare quella "muraglia", peraltro ampiamente lacunosa, che contrastava cromaticamente in un modo così accentuato con l'insieme dell'edificio, fino a renderlo quasi illeggibile?

A maggior ragione venivano esplicitate queste perplessità quando a seguito della pulitura questa "muraglia" si è rivelata nella sua reale dimensione di rattoppo multiplo e diversificato, intrecciato caoticamente con intonaci diversi.

Se le argomentazioni filologiche, sul piano concettuale, erano sufficienti a spiegare la ragione della sua conservazione, su quello pratico era necessario trovare una soluzione "creativa", che consentisse di rispettare il "testo", ma nello stesso tempo di "facilitare la lettura" dell'edificio, la sua migliore percezione.

La soluzione conservativa adottata è stata quella di intonare cromaticamente i diversi rifacimenti storici per attenuare il contrasto con le parti originali dell'intonaco, in modo tale da ottenere una "relativa omogeneità cromatica" dell'edificio (foto n.3).

L'attenuazione dei contrasti cromatici è stata ottenuta mediante un abbassamento di tono a velatura delle reintegrazioni storiche con scialbature a base di grassello di calce e terre colorate.

Come si può osservare dalla documentazione fotografica allegata la finitura originale dell'edificio è stata completamente conservata nella sua dimensione materica e cromatica, mentre i contrasti cromatici prodotti dalle reintegrazioni storiche stratificate sono stati attenuati, ma non cancellati (foto n.4). L'intonazione cromatica dei risarcimenti storici delle lacune è stata l'unica integrazione del progetto sopra descritto.

Il risultato dell'intervento è stato condiviso dalla Soprintendenza competente territorialmente, ma soprattutto è stato compreso dalla comunità di Vilminore, che con questa esperienza ha potuto sperimentare e fare propria una cultura conservativa che potrebbe estendersi anche alla conservazione non solo degli edifici monumentali, ma del costruito in generale.

Il cantiere: gli operatori

Sin dalla fase progettuale è stata assegnata grande importanza alla fase operativa e quindi all'organizzazione del cantiere. La soluzione di integrare un'impresa edile locale con un'impresa specializzata di restauro si è rivelata determinante per il buon esito del lavoro.

Le operazioni conservative sono state svolte da maestranze edili locali, coordinate da restauratori specializzati nella conservazione dei beni architettonici. L’abilità tecnica nelle tradizionali operazioni del cantiere edile degli operatori locali (stesura di intonaco ecc.) è stata integrata dall'intervento del restauratore per le specifiche operazioni conservative proprie dell’attività di restauro (individuazione e delimitazione delle zone di intervento, consolidamenti in profondità ecc.).

La consapevolezza di tutti gli operatori che nessun archivio per quanto ben conservato potrà mai sopperire alla perdita del "documento materiale" ha consentito da un lato di osservare, interpretare e documentare i segni e gli indizi della materia su cui stavano lavorando, e dall'altro la corretta e coscienziosa esecuzione delle operazioni conservative.

Sono state individuate e documentate informazioni letteralmente scritte sul manufatto (sul lato destro del terzo contrafforte del lato sinistro della chiesa ad esempio, è impresso sull’intonaco un riquadro con la data 1710), ma anche quei segni meno evidenti come la composizione, la lavorazione, le tecniche di finitura, il colore, la relativa disomogeneità nella stesura dell’intonaco delle diverse zone dell’edificio.

1 L'intervento è documentato dettagliatamente nel "Quaderno di lavoro" della ditta Astarte: "Quaderni Astarte" n.6 n.s.(1996) .

Note:

Allegati fotografici e grafici:
  Foto n..1 (b/n): Lato sinistro (particolare dei contrafforti) prima dell'intervento
  Foto n. 2 (b/n): Grafico del lato sinistro della chiesa: mappatura dello stato di conservazione
  Foto n.3 (b/n) : Lato sinistro (particolare dei contrafforti) dopo l'intervento
  Foto n. 4 (colori) : Lato destro (particolare) dopo l'intervento

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