Sentiero CAI 428
(Passo Vivione - Campelli - Malga Lifretto)
Aggiornato al settembre 2001 | |
SCHEDA: | ||
Numero CAI: | 428 | |
Altre numerazioni: | ||
Nome o soprannome: | ||
Partenza: | Passo del Vivione (1828 m) | |
Arrivo: | Malga Lifretto superiore (1584 m) | |
Dislivello: | ||
Tempi parziali: | Al Passo dei Campelli ore 2.00 | |
Tempo totale: | ore 4.00 | |
Lunghezza: | 10.9 km | |
Periodo consigliato: | fine maggio - inizio novembre. | |
Difficoltà: | E (legenda) | |
Attrezzatura: | ||
Note naturalistiche: |
Lariceto subalpino, ontaneti (ontano verde), mughete,
praterie alpine, pascoli d'alta quota. |
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Note tecniche: |
Il sentiero CAI 428 (Passo Vivione - Campelli - Lifretto) consente il collegamento tra il "Sentiero Alto", (CAI 416), ed il "Sentiero Lungo", (CAI 419) permettendo di compiere un periplo quasi completo della Valle di Scalve, sempre rimanendo in quota. |
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Note storiche: |
Ruderi delle miniere di ferro delle Glaiole, abbandonate una
ventina d'anni or sono. |
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Bivi ed incroci: |
Al ponte sulla Valle dei Teiassi e si fonde per un tratto con il sentiero CAI 418 che sale al Passo del Valzellazzo. |
Il sentiero "Passo del Vivione - Campelli - Lifretto" è localizzato nell'estrema
parte nord-occidentale della Valle di Scalve, in territorio del Comune di
Schilpario.
Punto di partenza è il Passo del Vivione, dove termina il "Sentiero Alto" CAI
416 proveniente dal Passo di Belviso, ma si può partire, percorrendo in
senso inverso il sentiero, anche dalla Conca dei Campelli.
Lasciata la ex SS 294, all'altezza del laghetto del Vivione, si risale il
sentiero che ha inizio alla destra dell'omonimo rifugio, incastonato fra cespugli di
rododendri, ericacee e ontani verdi
(1).
Giunti ad un ghiaione il sentiero diviene
pianeggiante e taglia il versante settentrionale del Monte Colli superando un
ampio avvallamento. La pista continua sempre in quota, giungendo ad un altro avvallamento
dove, sulla destra orografica, è visibile una "garitta", piccola baita usata come rifugio di fortuna
dai pastori o come riparo dai carbonai addetti
alla vicina
aia carbonile. Scavalcata una costa si entra
in un terzo avvallamento denominato
"Canale dei
Vitelli", caratterizzato da un folto
ontaneto, e in questo tratto il sentiero diviene un poco più
ripido.
Si giunge, sempre immersi negli ontani, al culmine di un ampio dosso nei cui pressi
c'è un rudere posto sotto il sentiero: si aggira il promontorio in piano
e poi si prosegue con una leggera discesa, avvolti nella vegetazione, guadagnando il
Passo della Glaiola (1940 m).
Al valico, in posizione soleggiata, s'incontrano gli imponenti ruderi delle
baite un tempo al servizio delle miniere di ferro della Glaiola ("Le Graòle")
abbandonate alla fine degli anni sessanta. Proseguendo troviamo altre
testimonianze delle attività estrattive tra cui un interessante forno di
torrefazione del minerale: lo si incontra dopo avere disceso in
diagonale il pascolo alto di Malga Stable, in località "Prato Serrato",
(2)
e porta incisa su una delle pietre la data 1723.
Poco dopo il vecchio forno, proseguendo in piano, si giunge in corrispondenza
di un tornante della vecchia strada sterrata che dal ponte sulla "Valle
dei Teiassi" sale a Malga Rena ed ai soprastanti impianti delle attività minerarie,
ormai in disuso.
Si percorre un tratto della strada sterrata, in discesa, fino al primo tornante
lasciando la comoda traccia viaria che prosegue verso valle e si affronta il
pendio seguendo la traccia di sentiero. Si attraversa tutta la china, con alcuni saliscendi, superando uno
stretto canale oltre il quale, semi nascosti dalla vegetazione, sono
ancora visibili i ruderi di una baita nei cui pressi sgorga una sorgente. Si continua
in piano transitando davanti ad un altro rudere di baita da cui si scorge, in
basso, la strada di servizio alle miniere ubicate sotto al Passo del Giovetto.
Anche qui il paesaggio è stato profondamente modificato dalle attività
estrattive durate
millenni e ancora oggi testimoniate da imbocchi di gallerie, edifici abbandonati, vecchie
mulattiere in disuso, ammassi di scarti di lavorazione; si possono scorgere
anche, sul
versante bresciano della montagna, le miniere di Giovo e d'Erbigno,
abbandonate da pochi anni.
Al Passo del Giovetto, che
mette in comunicazione la Valle di Scalve con la Valle di Paisco (1914 m)
(3), s'imbocca la strada sterrata, anch'essa
costruita a servizio delle miniere, e si attraversa con un comodo percorso
pianeggiante la parte alta della bella Conca dei Campelli. Al bivio che verso est, sinistra del nostro percorso, conduce al
Passo dei Campelli (1892 m), si scende lasciando sulla destra la cascina che
costituisce la Malga Alta dei Campelli (1815 m).
L'ambiente naturale è molto diverso da quello di partenza: lasciate
alle spalle le scure montagne costituite da formazioni ascrivibili al Verrucano
lombardo, ricche di ferro e d'altri minerali, abbiamo di fronte il massiccio
montuoso della Concarena e dei Campelli caratterizzato da bianche scogliere calcaree la più
imponente delle quali è rappresentata dal Cimone della Bagozza.
L'itinerario ora segue fedelmente l'ampia e comoda strada sterrata lungo la
quale, nei pressi di un pianoro, si può ammirare la Madonnina dei Campelli, opera
bronzea dello scultore scalvino Tomaso Pizio; proseguendo si incontra sulla destra la
Baita dei Campelli con il bel recinto in pietra. Al ponticello che
scavalca un rigagnolo (Valle dei Teiassi) spesso in secca che solca il prato
pianeggiante della Malga Bassa dei Campelli, si lascia la strada per imboccare il
sentiero che, dipartendosi sulla sinistra, si snoda nella vegetazione. Questo
primo tratto di sentiero, ampio e con evidenti segni di passaggio di mezzi fuori
strada, coincide con il sentiero CAI 418 che porta verso il Passo del Valzellazzo. Si attraversa la zona denominata Piazze di S. Antonio creata dai
ghiacciai che, scendendo dalle cime circostanti hanno formato estese morene, oggi individuabili nelle collinette che il nostro percorso
affronta in un vario saliscendi. Il luogo è ricoperto da un rado lariceto e da
un folto tappeto d'ericacee che solo in pochi spazi pianeggianti tra un rilievo
e l'altro lasciano il posto a deliziose radure erbose, di chiara origine
antropica
(4).
Al termine di un'agevole salita, nei pressi di una piccola piazzola un tempo
adibita ad aia carbonile, il sentiero si divide: proseguendo sempre in salita si
segue l'itinerario contrassegnato con il segnavia CAI 418 che conduce al Passo
del Valzellazzo mentre continuando in discesa si procede sul nostro
itinerario e attraversando ambienti forestali di notevole interesse si giunge
fin nei pressi di una radura, al limitare di un'abetaia. Proseguendo al limite di
questo bosco, in leggera salita verso sinistra, si ritorna nel fitto della
vegetazione costituita da boschi di faggio, betulle, ontani e abeti rossi. Lungo
il sentiero che ora sale in diagonale s'incontra
prima un
fontanile e poi un piccolo avvallamento sassoso, proseguendo si esce dal bosco
si giunge al
limitare di un'ampia radura, un tempo sfruttata come pascolo. L'alpeggio del Lifretto superiore, in fase di rimboschimento spontaneo
a causa dall'abbandono, ospita i ruderi di una baita ubicata nella parte alta
dello spiazzo erboso (1564 m). Risalito il pascolo ingombro
d'ortiche si oltrepassano le sorgenti di un ruscello e, attraversato il
torrente, si scende sul versante opposto della costa, tra boschi e radure, fino
ad innestarsi sul "Sentiero Lungo" CAI 419 che sale da Malga Lifretto inferiore. A questo punto, seguendo
l'itinerario incontrato, si può scendere alla ex strada statale 294 per poi
raggiungere la località i Fondi e quindi il paese, oppure si può proseguire fino alla
Malga di Ezendola
e da lì scendere a Schilpario.