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ARCIPRETI A VILMINORE

Presentazione
Antonio Figura       Giovanni Maria Acerbis      Giovanni Belotti      Giovanni Giacomo Polini
Luigi Albrici     Giacomo Palamini       Stefano Grasselli      Ludovico Cacciamali     
Angelo Milesi

Zoom Giacomo Palamini
(Parre 1806-Vilminore 1865)
Arciprete a Vilmniore dal 1837 al 1865

(di Miriam Romelli)

1848, 22 febbraio a Parigi "Rivoluzione di Febbraio"
13 marzo insorge il popolo di Vienna
17 marzo gli austriaci sono costretti ad abbandonare Venezia
18-22 marzo "Le cinque giornate di Milano". Gli austriaci sono costretti ad abbandonare Milano.
23 marzo inizia la prima "Guerra di Indipendenza"
1859 29 aprile inizia la "Seconda guerra di Indipendenza"
1861 17 marzo Vittorio Emanuele II viene proclamato "Primo Re d'Italia"

Dopo la morte dell'Arciprete Albrici, lo zio, don Bortolo Albrici, svolse le funzioni di Parroco di Vilminore fino al 22 aprile 1837, quando venne eletto arciprete e Vicario Foraneo Don Giacomo Palamini di Parre. Giunse a Vilminore l'8 giugno alle ore 22 e il giorno seguente, dopo aver celebrato la messa, si recò a Fiumenero per visitare le Parrocchie d'oltre Manina, che si staccarono dalla giurisdizione canonica scalvina solo tre anni dopo, nel 1840.
In un anno freddissimo, il 1837 -le  cronache parlano di un inverno durato sei mesi-, ma negli staterelli italiani lo spirito delle forze di opposizione che si stavano organizzando contro il clima poliziesco instaurato dalla Restaurazione, era a dir poco bollente.
La carboneria, nata sul modello della Massoneria inglese e così chiamata perché usava il linguaggio dei venditori di carbone, chiedeva la Costituzione, la fine della Monarchia e l'indipendenza nazionale. Il genovese Giuseppe Mazzini aveva fondato nel 1831 la Giovane Italia, che perseguiva gli obiettivi condivisi da Giuseppe Garibaldi: Unità d'Italia, Repubblica e Democrazia.
Nello stesso anno Carlo Alberto, divenuto Re del Piemonte, si dimostra apertamente ostile all'Austria e desidera intervenire militarmente a favore dell'unità d'Italia, con l'appoggio diplomatico di Camillo Benso Conte di Cavur, il quale riteneva che il Piemonte fosse un modello da imitare e indicava nei Savoia i futuri sovrani d'Italia, quando, come uspicava, sarebbe stata unificata.
Nel 1844 l'Arciprete Palamini da inizio alla costruzione della nuova casa canonica a Vilminore, da lui stesso progettata , come attesta la lapide posta sulla facciata della residenza parrocchiale nel 1852, anno in cui venne presumibilmente ultimata.
Dal 22 febbraio al 18 marzo 1848 si scatenarono a Parigi, Vienna, Venenzia e Milano, una serie di moti rivoluzionari che costrinsero gli austriaci ad abbandonare Milano e Venezia ed il 23 marzo 1848 Carlo Alberto di Savoia dichiarò guerra all'Austria, dando così inizio alla Prima Guerra di Indipendenza. Il conflitto terminerà il 27 luglio a Custoza, con la sconfitta del sovrano sabaudo. Dieci anni dopo, il 29 aprile 1859, il rifiuto di Cavour di ritirare l'esercito piemontese e le truppe di volontari dai confini lombardi, spinge l'Austria a dichiarare guerra al Regno di Sardegna: ha così inizio la seconda Guerra di Indipendenza, conclusasi l'11 luglio con l'armistizio di Villafranca.
Lombardia, Toscana ed Emilia vennero annesse al Regno di Sardegna e proprio in Sardegna, riferisce nel 1880 Giovanni Bianchi di Bueggio, furono costretti ad emigrare in quegli anni moltissimi scalvini in cerca di lavoro.
Cambiano i confini dello Stato, e a Vilminore cambiano i costumi; le abitudini si modificano a causa delle novità introdotte dagli emigranti che, rientrando periodicamente in famiglia portano nuove usanze, non sempre ben viste da quanti seguivano sentieri millenari ben codificati.
Il 5 maggio 1860 Giuseppe Garibaldi ed i suoi Mille volontari partono da Quarto per sbarcare a Marsala e consegnare -il 26 ottobre a Teano- i territori conquistati a Vittorio Emanuele II, che il 17 marzo 1861 verrà proclamato Primo Re d'Italia.
Il 24 luglio 1865 L'Arciprete Palamini fece riesumere le spoglie dell'Acerbis, ancora oggi sepolto sotto il Presbiterio della Parrocchiale di Vilminore, officiando una messa dedicata al suffragio e all'elogio del suo illustre predecessore. Il successivo 24 agosto, dopo essersi soffermato ad osservare i lavori di ricostruzione di un ponticello sopra il torrente Tino nei pressi di Dezzolo, il Palamini scivolò battendo la testa su un masso; morì poche ore dopo a causa di gravi emorragie interne. Una lapide posta sul ciglio della strada detta "della Manna" ricorda ancora la sua tragica scomparsa.