I sentieri della Valle di Scalve
di Maurilio Grassi
Il Cabreo Centro di educazione ambientale e promozione turistica
ATTENZIONE: in rete è presente solo una parte del lavoro di Maurilio Grassi
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Ognuno di noi, parlando dei luoghi che ama, esalta le bellezze cercando di coinvolgere gli eventuali interlocutori emotivamente. E' la forza interiore, la convinzione che quanto viene illustrato è veramente importante, bello, che riesce a sfondare il muro dello scetticismo e dell'indifferenza. In una serata con proiezioni d'immagini e racconti vari, questo lavoro è semplificato, anche perché gli intervenuti sono tutte persone interessate e, quindi, facilmente coinvolgibili. Rivolgersi ad un pubblico eterogeneo e sconosciuto, come avviene per questo lavoro e riuscire a catturare l'interesse di potenziali utenti, è un'esperienza, innanzi tutto, per me nuova e, al tempo stesso, affascinante.
Senza ricorrere a lunghi discorsi, spesso carichi di retorica, dico semplicemente che la Valle di Scalve è, fra una moltitudine, una vera oasi di natura per certi versi selvaggia. I vecchi "sapori antichi" si possono respirare con l'aria, intrisa di quei profumi naturali purtroppo scomparsi in molti luoghi. La scomodità d'accesso alla Valle, ha, forse, impedito la realizzazione di strutture turistiche di forte richiamo. Se, da un lato, quest'aspetto ha penalizzato l'economia locale, dall'altro ciò favorisce gli amanti del silenzio e della quiete, degli spazi aperti, della libertà d'azione. E' a queste persone che mi rivolgo con questo lavoro, frutto di una passione che per anni mi ha portato sui monti, non solo locali.
L'escursionismo da me praticato non è finalizzato solo al raggiungimento di una vetta, ma è legato alla comprensione della cultura materiale e spirituale delle genti di montagna. Il mio accompagnare le persone lungo i sentieri è cercare di far emergere, oltre alle bellezze naturali, anche il patrimonio di fatica, di sacrificio, che gli uomini hanno impresso lungo le vie minori. Attraverso i sentieri, fra boschi e sulle rocce, salendo oppure andando in piano si "leggono" la storia e la vita di decine di generazioni che ci hanno preceduto. In questo modo l'escursionista diviene depositario della memoria storica di un patrimonio che tende a scomparire, cancellato dalla modernità.
Nella descrizione dei tracciati ho cercato di mettere in rilievo le cose, i siti che possono permettere una lettura dell'ambiente connesso con le azioni umane che lo hanno modificato. E', comunque, impensabile in questo lavoro sviscerare punto per punto ogni argomento, ma camminare prendendo coscienza di ciò che è stato o è avvenuto nei luoghi che si visitano è, a mio avviso, già un buon punto di partenza.
Ognuno di noi, poi, può approfondire a suo piacimento le conoscenze e affrontare l'escursione con lo spirito giusto.

La viabilità minore in Valle di Scalve

Il sentiero, classificato come viabilità minore, è stato il protagonista assoluto dell'evoluzione umana. Come il cavallo è stato un elemento determinante per la conquista della nazione americana, così il semplice sentiero ha svolto un'importante funzione per la colonizzazione della montagna.
L'ambiente alpestre, per la sua natura, rendeva impossibile e non può, tuttora, permettere la costruzione di grandi arterie viarie e, tanto meno, ferroviarie. Questa limitazione ha fatto sì che non fosse possibile creare grossi centri abitati. Limitate erano e lo sono anche oggi, le zone sfruttabili dall'uomo per le sue esigenze. Questo in virtù del terreno accidentato, delle aree glaciali, delle pareti rocciose che le montagne in genere offrono.
Malgrado questo, la montagna è sempre stata una buona fonte di sostentamento per le varie popolazioni che vi si sono insediate stabilmente. L'uomo, con la sua intelligenza, ha saputo adattarsi a questo mondo, sfruttandolo seguendo delle regole che non portassero alla distruzione, ma ad un razionale utilizzo delle risorse della montagna.
Per questo tutta l'architettura alpina si differenzia sostanzialmente da quella di pianura. Non solo. Sostanziali differenze si possono notare anche fra le varie vallate montane, dovute, prevalentemente alla geomorfologia e alla varietà di specie arboree; l'uomo, secondo l'abbondanza o meno di un prodotto, ha adattato le sue esigenze, usufruendo di ciò che l'ambiente circostante gli offriva, modificandolo. Uno dei problemi maggiori è stato, e lo è tuttora, il bisogno di continui spostamenti, soprattutto legati all'attività commerciale, da qui l'esigenza di tracciare vie di comunicazione per favorire l'interscambio delle merci.
Come accennato prima, la natura impervia dei monti è un ostacolo alle attività umane, anche le più semplici e aumenta quando si tratta di tracciare strade di collegamento o per il trasporto di merci. Realizzare vie di comunicazione fra salti di roccia, torrenti, ripidi pendii, canaloni di valanga è stato possibile solo grazie alle moderne tecnologie. I nostri antenati avevano trovato il modo di "eludere" questi problemi, creando una "rete stradale" che si sviluppava su dossi, lungo alvei di fiumi, scavalcava valichi, avvolgendo come una ragnatela i monti e le vallate. Le primordiali piste, aperte prevalentemente nella vegetazione, sono state trasformate in sentieri, l'attuale "viabilità minore" che, in piena epoca cibernetica, meritano una giusta rivalutazione.

SUDDIVISIONE DEI SENTIERI

L'escursionista attento ed avvezzo all'utilizzo dei sentieri può riuscire, conoscendo almeno a grandi linee la storia della vallata che percorre, ed analizzando anche solo superficialmente il percorso su cui si muove, stabilire la tipologia del sentiero.
Essenzialmente in valle di Scalve abbiamo cinque tipi di sentieri:
Ø Le vecchie strade di collegamento
Ø Le strade al servizio delle miniere
Ø Le mulattiere militari
Ø I sentieri per il trasporto delle merci
Ø La viabilità venatoria

L'analisi di questa classificazione è utile per chi vuole intraprendere il lavoro di ripristino o tracciare nuovi percorsi. Oggi i sentieri realizzati ex novo, non seguono più quelle linee armoniche elaborate da secoli di utilizzo razionale, ma sono il frutto di una miscellanea di varie esperienze. Particolare attenzione deve essere posta al ripristino delle vecchie vie di comunicazione poiché, intervenendo su antichi tracciati, questo lavoro è paragonabile ad un'opera di restauro. Il restauratore lavora dopo aver studiato a fondo l'artista e l'opera su cui deve intervenire, così chi vuole sistemare un sentiero deve valorizzare il suo tracciato senza stravolgerlo. <<

STUDIO ANALITICO DELLE TIPOLOGIE DEI SENTIERI

Le vecchie strade di collegamento

Rappresentano, per la loro importanza, l'asse portante dell'intera rete sentieristica valligiana, poiché hanno svolto la funzione, nell'antichità, di viabilità primaria.
Sono caratterizzate da tracciati comodi e la loro realizzazione metteva in collegamento, agevolmente, non solo i paesi all'interno della Valle, ma anche il mondo esterno. Solitamente hanno una larghezza superiore ai due metri, comunque mai inferiore al metro, questo per consentire il transito di piccoli carri. Il fondo è lastricato o con acciottolato, non hanno ripide salite e i tornanti sono studiati per favorire il transito dei carretti. La caratteristica di queste strade è la loro collocazione, prevalentemente posta lungo i pendii aperti, e mai nei fondovalle. La ragione principale di questa peculiarità risiede nell'esigenza di evitare i nascondigli preferiti di briganti e banditi che, all'epoca in cui queste vie furono realizzate, si rifugiavano prevalentemente nelle boscaglie posizionate lungo i corsi d'acqua. Le aree aperte poste più in alto erano più sicure e, quindi, vi venivano tracciate le strade. Un altro motivo era l'esigenza di realizzare percorsi che permettessero di scavalcare i passi, senza costruire tracciati ripidi, poco idonei al transito con carri trainati da animali.
Fra le strade di collegamento presenti in Valle, anche se in parte modificate o addirittura cancellate, ma ancora per alcuni tratti percorribili, ci sono:
Ø La vecchia Strada Valeriana. Essa collegava la Valle con l'abitato di Rogno o Darfo e si snodava sopra il lago Moro, Angolo Terme, e salendo in quota risaliva la valle del Dezzo entrando in Valle di Scalve nei pressi della frazione Serenella di Colere. Oggi parecchie porzioni del percorso originario sono andate perdute ma parte del sentiero è percorribile perché oggetto di recente recupero.
Ø Strada delle Segherie. Molto conosciuta e fino all'inizio del '900 utilizzata per raggiungere l'altopiano di Borno questa via, probabilmente tardo romana, ha subito poche modifiche dal suo assetto originario. E' stata soppiantata dalla strada provinciale che, aggirando il promontorio della Corna Mozza, collega la frazione di Dezzo di Scalve con la frazione Paline di Borno.
Ø Strada d'Oltrepovo. Bella strada, ancora parzialmente percorribile, che collegava Vilminore con le frazioni e poi con la Val Bondione attraverso il valico di Manina. A seguito dei lavori d'ammodernamento viario, parte del tracciato originario è stato cancellato, ma ancora è ben evidente l'acciottolato con cui era realizzato il fondo della strada.
Ø Strada dei Campelli. Le copiose piogge dell'autunno 1996 hanno eroso parte della cotica erbosa che copriva il selciato della vecchia strada di collegamento fra l'abitato di Schilpario e, attraverso il Passo dei Campelli, il paese di Ono S.Pietro, in Valle Camonica. Di quest'antico tratturo molti tratti sono scomparsi a causa della realizzazione della mulattiera militare per il Passo del Vivione, avvenuta nel 1916-17. A seguito dell'abbandono della vecchia via a favore della nuova, identificabile nella ex SS 294, le parti rimaste sono state coperte dal manto erboso nascondendole.
Ø Il "Sentiero Lungo". Questo percorso ha tutte le caratteristiche per essere considerato una strada di collegamento fra la Valle di Scalve e la Valle Camonica. Il tracciato di questo sentiero si sviluppa sui pendii meridionali della Valle, ad una quota che mediamente è sulla linea dei 1600 metri, senza particolari salite. Alcuni dubbi sulla sua origine e funzione derivano dall'assenza di lastricatura o acciottolato e dalla larghezza, piuttosto modesta, anche se non è da escludere che il tempo e in particolare il lavoro della natura, abbiano contribuito a cancellare le tracce del lavoro umano.
Altre ancora sono le vie un tempo importanti come, ad esempio la vecchia strada di collegamento fra Schilpario e Vilminore, quasi totalmente scomparsa o il collegamento fra il capoluogo e la frazione S. Andrea lungo la via che passa per la località Campione. Altra ancora, parzialmente recuperata è la "Vià de O'" che mette in comunicazione Colere con la sottostante frazione Dezzo ed infine la Vilminore Pianezza, solo parzialmente percorribile.
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LE STRADE AL SERVIZIO DELLE MINIERE

L'attività estrattiva, in Valle di Scalve, risalente all'epoca imperiale romana, è stata la fonte principale dell'economia locale e causa di problemi, non indifferenti, per il trasporto. Le teleferiche, o mezzi di trasporto via cavo, sono entrate in funzione solamente dopo il 1920 a seguito delle esperienze avvenute durante il periodo bellico 1915 - 1918 mentre, prima, il tutto avveniva tramite l'impiego di forze umane o animali. Escludendo, per evidenti ragioni funzionali, l'impiego di carri per tradurre il materiale cavato nelle miniere poste sui declivi delle montagne fino ai posti di raccolta collocati nei paesi della Valle, resta la slitta l'unico mezzo funzionale. Impensabile è il trasporto a spalla, o anche tramite l'impiego d'animali someggiati, a causa dell'elevato peso del materiale ferroso e della ripidità dei pendii percorsi. L'impiego di slitte manovrate dall'uomo stesso, appositamente studiate e costruite per lo scopo, si è dimostrato lo strumento più funzionale, all'epoca.
In funzione di questi mezzi di trasporto sono state realizzate delle apposite strade, "le Vià di Strusì" (strade dei trascinatori di slitte), che collegavano le miniere con i centri di raccolta, agevolando il lavoro dell'uomo. Queste viuzze erano caratterizzate da una pendenza modesta, circa 16 - 19%, giacché la slitta carica non doveva prendere velocità e, al contempo, essere trascinata nei punti più duri dall'uomo che la guidava. Una volta scaricata, la slitta, veniva portata nuovamente a spalle dallo "Strusì" per essere impiegata nel viaggio successivo. Per questo occorrevano percorsi comodi, con un buon fondo, e curve agevoli da essere affrontate in discesa ma, al contempo, pratiche per la risalita. Raramente queste strade superavano il metro di larghezza, sufficiente comunque per consentire il passaggio delle slitte, e non tutte erano lastricate ma dove le pietre del fondo sono ancora presenti si possono osservare i solchi lasciati dal passaggio delle slitte.
Queste vie di comunicazione non interessano tutta la vallata ma solo i due poli minerari di Schilpario e Vilminore; sono, comunque, numerose e, alcune, quasi totalmente scomparse.
Degna di menzione è la strada, nota localmente come "Vià de Ölt", che collegava la frazione di Nona con le miniere poste al valico di Manina e ancora ben conservata. Altri percorsi, in alcuni casi parzialmente inseriti nella rete sentieristica descritta sono:
* Prima parte del sentiero CAI 415
* Parte del sentiero delle Torbiere CAI 427
* Parte finale del sentiero delle Miniere CAI 426
* Una parte iniziale del sentiero per il rifugio Tagliaferri CAI 413  
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LE MULATTIERE MILITARI

Costruite fin dai tempi dell'espansione romana, le strade a scopo militare, hanno avuto il loro apice durante il periodo bellico 1915-1918 quando, per la prima volta, la guerra è arrivata sulle cime dei monti. Dovendo trasportare ingenti quantità di materiali e favorire spostamenti veloci di mezzi e truppe, si è reso necessario, da parte di ambedue gli eserciti, austriaco e italiano, realizzare strade comode e sufficientemente larghe. Ma le necessità emerse da un conflitto armato sono differenti dalle esigenze che si ravvisano nei periodi di pace. Se la facilità di transito è una caratteristica comune, l'esigenza di porsi al riparo dei bombardamenti, realizzare punti intermedi di rifornimento, vie di fuga pratiche e sicure, sono alcune delle prerogative che l'esigenza bellica vuole per le sue strade. Avendo a disposizione parecchio materiale esplosivo e abbondante manodopera gli ostacoli che impedivano la realizzazione d'altre strade sono stati facilmente rimossi, realizzando, quindi, dei percorsi arditi, in altri tempi impensabili.
Il tracciato di queste strade, oltre che comodo, doveva svolgersi al riparo delle artiglierie nemiche perciò sono stati realizzati percorsi a volte poco diretti e tediosi per l'escursionista moderno. Il fondo era sempre ben sistemato e solido, in modo da favorire il passaggio non solo di truppe someggiate, ma anche di piccoli carri o delle artiglierie. La larghezza non supera mai il metro e ottanta centimetri e lungo il percorso si rinvengono i punti attrezzati per le soste. I frequenti tornanti avevano una doppia funzione: permettere di guadagnare quota mantenendo una pendenza moderata e spezzare la linea dritta onde sfuggire ad eventuali attacchi aerei.
La Valle di Scalve è stata solo marginalmente interessata dal conflitto mondiale, ma tanto è bastato per lasciare un'impronta indelebile. Il solo comune di Schilpario, tra l'altro, è stato interessato e, all'epoca, inserito nelle zone d'operazione, quindi in questo paese troviamo le maggiori opere belliche.
L'opera più bella, non solo per l'arditezza del tracciato, è il percorso denominato localmente "Sinter olt", (il Sentiero alto) che collega ancora oggi il Passo del Vivione con il Passo di Belviso e che, sviluppandosi ad una quota media di 2200 metri è il più elevato della Valle.
La sede della via, inesistente fino al 1917, costruita per collegare Schilpario con la valle Paisco, attraverso il valico del Vivione, è stata sistemata, asfaltata e trasformata, con poche modifiche, in strada statale.
Altri percorsi sono il tracciato che sale al rifugio Nani Tagliaferri e la parte alta del sentiero per il Passo di Belviso, segnato con il numero CAI 410.
Ben conservato, non solo come sede stradale, ma anche ricco di strutture accessorie è il percorso dell'attuale sentiero che solca la valle Venerocolino che ha sostituito l'antico sentiero, più diretto.
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I SENTIERI PER IL TRASPORTO DELLE MERCI

Rappresentano la tipologia più diffusa e numerosa di sentiero, perché sono disseminati ovunque sul territorio. Interessano sia il fondovalle sia alcune cime ma, prevalentemente, riguardano gli alpeggi e i valichi alpini arrivando sempre a punti ben definiti. Difficilmente collocabili, cronologicamente, possiamo, in alcuni casi, considerarli i più antichi percorsi e si differenziano dalle altre categorie per la loro logicità e praticità. La loro larghezza supera raramente il mezzo metro poiché, prevalentemente, servivano per il passaggio del solo uomo. Il solco del sentiero si formava a causa del continuo passaggio e gli interventi erano, prevalentemente, di ripulitura da eventuali rami caduti, o piante cresciute, nel mezzo del percorso. Le tipologie sono più che mai varie: secondo le esigenze abbiamo percorsi a mezza costa, il classico tracciato a forma di serpente, la traccia diretta, ecc. Veloci e funzionali da percorrere sia in salita sia in discesa, carichi o senza pesi a volte con le mandrie al seguito, questi sentieri non erano molto lunghi, ma ben tenuti.
Molti di questi sentieri sono ancora oggi utilizzati per gli alpeggi, ad esempio le Saline (CAI 409), altri sono stati recuperati per la pratica escursionistica e, dato il loro numero considerevole, è impossibile citarli tutti. La maggioranza dei percorsi descritti in questo lavoro appartiene, comunque, a questa categoria.
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LA VIABILITÀ VENATORIA

L'esigenza di seguire gli animali nel loro ambiente a scopo venatorio esiste da quando c'è l'uomo e, se nell'antichità questa necessità era legata alla sopravvivenza della specie umana, la passione venatoria giunta sino a noi sotto varie forme, ha permesso il mantenimento di alcuni di questi sentieri. Gli animali, abitando indistintamente ogni areale alpino, hanno costretto l'uomo cacciatore a tracciare percorsi anche in zone inaccessibili, in altri casi mai sfruttate se non per perseguire le bestie brade. La caratteristica saliente di queste piste è che, a volte, non conducono a mete ben definite, ma si perdono, apparentemente, nel nulla. Per cacciare occorre essenzialmente frequentare l'habitat dell'animale che può trovarsi tanto in una radura, quanto su una costa o in un avvallamento.
Questi sentieri, poco frequentati, non hanno mai una traccia evidente perché il cacciatore, per evitare di tradire la sua presenza non apre quasi mai grossi varchi nella boscaglia, ma lascia solo una flebile traccia nota, il più delle volte, solo a lui. Sono faticosi da percorrere e, raggiungendo raramente mete ben definite, sono privi interesse per l'escursionista moderno che cammina per diletto. In alcuni casi però permettono di avvicinare delle aree nuove, sconosciute, integre o possono essere utili per creare dei collegamenti fra sentieri più importanti. Emblematica è, ad esempio, la sistemazione del sentiero, contrassegnato con il numero CAI 428, di collegamento fra Il Sentiero Lungo e il Sentiero Alto e che sfrutta almeno un paio di vecchi percorsi di caccia. Elencare altri percorsi presenti sul territorio è difficile perché non hanno un nome proprio o una definizione chiara, per questo diviene laborioso riuscire a ben precisarne il percorso.
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Maurilio Grassi

Con la collaborazione della Guida Alpina Roby Piantoni

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