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BREVE CORSO DI FOTOGRAFIA PER PRINCIPIANTI

di Roberto Urbinati e Piergiorgio Capitanio

 

Introduzione

Breve storia della
fotografia

INDICE ANALITICO
A
Angolo di campo
ASA

C
Campo
-Angolo di campo
-Profondità di campo
-Profondità di campo e lettura dell'obiettivo
-Profondità di campo e diaframma
-Profondità di campo e obiettivi
Cornea
Cristallino

D
Diaframma

-Misura del diaframma
-Numero di diaframma
-Relazione col tempo d'esposizione
-Serie dei numeri
-Diaframma e profondità di campo
DIN

E
Emulsione
E.V.

Esposimetro

F
Filtri correttivi
Flash
Fotocamera
f-STOP
f-STOP incrase
 
Fotografia digitale

G
Gigantografie
Grana

-Grana e messa a fuoco
-Grana e nitidezza
-Grana e sensibilità
-Grana, sensibilità e gigantografie
Grandangolo

 I
Illuminazione artificiale
Intensità della luce
Iperfocale
Iride
ISO

L
Lampade
Lampeggiatore

M
Messa a fuoco

-Messa a fuoco e grana
-Messa a fuoco e ingrandimento
Misura
-Misura del diaframma
-Misura della sensibilità

N
Nitidezza

-Nitidezza e grana
Normale (obiettivo)
Numero di diaframma
Numero guida (N.G.)
 

O
Obiettivo

-Obiettivo e profondità di campo
Occhio
Oculare
Otturatore 

P
Pellicole

-Pellicole lente (definizione)
-Pellicole rapide (definizione)
Pentaprisma
Potere risolutivo
Profondità di campo

-Profondità di campo e diaframma
-Profondità di campo e lettura dell'obiettivo
-Profondità di campo e gli obiettivi

R
Relazione tra diaframmi e tempi d'esposizione
Retina

S
Scala dei tempi d'esposizione
Scelta del tempo d'esposizione
Sensibilità

-Misura della sensibilità
-Sensibilità e grana
-Sensibilità, grana e gigantografie
Serie dei numeri di diaframma
Specchio mobile
Supporto

T
Teleobiettivo
Tempo d'esposizione

-Tempo d'esposizione con il flash (lampeggiatore)
-Relazione col diaframma
-Scelta del tempo d'esposizione
-Scala dei tempi d'esposizione

Z
Zoom

BREVE STORIA DELLA FOTOGRAFIA

 Da sempre l'uomo ha voluto rappresentare iconograficamente sé stesso e gli oggetti della sua vita, nonché gli animali che cacciava; basta ricordare i graffiti nelle caverne o le incisioni rupestri della Val Camonica. 
La parola fotografia deriva dal greco antico photo (luce) e graphia (scrittura)
Già Aristotele (circa 400 a.C.) aveva descritto la camera "obscura"; questa era una grossa scatola posta all'aperto: in una parete era praticato un foro di piccole dimensioni dal quale filtrava la luce, che produceva sulla parete opposta un'immagine capovolta del paesaggio esterno. 
In epoche più recenti Leonardo da Vinci studiò questo fenomeno più scientificamente. 
Nel 1550, circa, si comincia a studiare il vetro ottico: la lente (Girolamo Cardano). 
Daniele Barbaro combina alla lente un diaframma e queste nuove invenzioni sono applicate alla "camera obscura".
Dobbiamo aspettare fino agli inizi dell'700 per vedere dei risultati, seppure modesti, il problema era fissare l'immagine su un'emulsione stabile nel tempo. Nel 1727 SCHULZ scoprì che i sali d'argento diventavano scuri se esposti alla luce, ma non trovò un'applicazione pratica. 
Altri studiosi provarono con nitrato d'argento e cloruro d'argento, ma solo nel 1827 JOSEPH NIECEPHORE NIEPCE fece la prima fotografia vera e propria; trattò una lastra di peltro con bitume di Giudea e la espose per 8 ore. 
Alcuni anni dopo DAGUERRE inventò il dagherrotipo; usava lastre d'argento, che sensibilizzate con vapori di iodio formavano lo ioduro d'argento; la lastra veniva sviluppata con vapori di mercurio e fissata con iposolfito di sodio (presente anche negli attuali fissaggi). 
FOX TALBOT fece il primo negativo con una soluzione di NITRATO D'ARGENTO e sale comune spalmato su carta, ma era un sistema molto lungo e non poteva competere con quello di DAGHERRE. TALBOT continuò gli esperimenti e nel 1841 con una soluzione di NITRATO D'ARGENTO e ACIDO GALLICO riuscì a fare esposizioni inferiori ai 30 secondi. Nel 1847 ABEL NIEPCE, cugino del famoso JOSEPH, sviluppò un metodo che consisteva nel ricoprire il vetro con albume montato e miscelato con IODURO DI POTASSIO; induritosi questo strato, si trattava la lastra con NITATO D'ARGENTO, la si esponeva e la si sviluppava con ACIDO GALLICO. 
Nel 1850 circa SCOTT ARCHER incominciò a sperimentare il collodio. ARCHER aggiungeva al collodio dello ioduro di potassio, immergeva le lastre in un bagno di NITRATO D'ARGENTO e le esponeva ancora umide; questa emulsione consentiva pose inferiori ai tre secondi; per lo sviluppo usava acido PIROGALLICO o solfato ferroso; per il fissaggio cianuro di POTASSIO. Con questa tecnica, nel 1855, per fotografare il Monte Bianco, BISSON si avvalse di ben 25 portatori. Nel 1864 BURNE fotografò la Catena dell'Imalaja accompagnato da 40 portatori, un gruppo di servitori e 6 guide. Il collodio dava buoni risultati, ma era troppo complicato e ingombrante; furono allora sperimentate nuove tecniche e si arrivò alla pellicola di celluloide ricoperta da uno strato di emulsione in gelatina. Nel 1888 GEORGE ESTMAN presentò una nuova fotocamera: con lo slogan "voi premete il bottone, il resto lo facciamo noi": era la famosa KODAK. 
La KODAK era leggera, compatta e non era necessario che il fotografo sviluppasse da sè le sue foto; la fotocamera era fornita di una pellicola con cui si facevano 100 fotografie: finita la pellicola la si portava alla KODAK che la sviluppava e restituiva le lastre adatte per la stampa a contatto. 
Verso la fine degli anni '20, la Germania, propose i più sostanziali miglioramenti tecno-ottici e nel 1924 la LEUTZ presentò la famosa LEICA. Nel 1947 l'invenzione da parte di EDWIN LAND della POLAROID bianco e nero. 
Possiamo far risalire la nascita della fotografia a colori al 1861, allorché il fisico scozzese JAMES MAXWELL tenne una conferenza in cui dimostrò come fosse possibile creare tutte le sfumature cromatiche mediante equilibrate addizioni di luce di colore uguale a quello dei 3 colori primari (rosso, verde, blu). Questa era la prima applicazione del sistema che verrà definito SINTESI CROMATICA ADDITIVA. 
Il francese LOUIS DUCOS nel suo libro "LES COULEURS EN FOTOGRAFIE: SOLUTION DU PROBLEME", nel 1869 stabilì tutti i principi basilari della moderna fotografia a colori, sia quella della sintesi additiva, sia quello della sintesi sotrattiva. 
Nel 1906 WRATTEN e WANWRIGHT presentarono a Londra la lastra pancromatica sensibile a tutti i colori dello spettro; ma questa invenzione era una copia di quello che fu realizzato nel 1904 da AUGUSTE e LOUIS LUMIERE che successivamente la brevettarono. 
Tra gli anni 30-40 due musicisti MANNES e GODOWSKY con un lavoro d'équipe, con i tecnici della ESTMAN-KODAK produssero la prima pellicola KODACHROME, che si usa tuttora. 
Nel 1942 la KODAK rende disponibili le prime pellicole per la fotografia all'infrarosso.
L'ultimo notevole progresso verificatosi nell'ambito della fotografia a colori, è stato nel 1963, con l'invenzione di un sistema per ottenere all'istante e automaticamente stampe a colori: il processo sviluppato per le proprie fotocamere della POLAROID.

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